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Da Palermo al Palermo. Lazio, Inzaghi fa 40 in A: tra prove d’amore, alti e bassi

INZAGHI LAZIO 40 PRESENZE – L’ascesa di un personaggio, che in estate era stato contestato anche dai tifosi…

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Pubblicato il 16/04/2017

INZAGHI LAZIO 40 PRESENZE – Quaranta. Come gli anni che Inzaghi aveva il 4 aprile di un anno fa, quando subentrò a Pioli. Era una situazione difficile e delicata, ma al tempo stesso un’occasione d’oro. E non si sarebbe mai immaginato che esattamente un anno dopo avrebbe eliminato la Roma in semifinale di Tim Cup, portando la Lazio in finale. Quaranta. Come il numero di presenze sulla panchina della Lazio che raggiungerà domenica contro il Palermo. Un primo traguardo. Grande rispetto alle previsioni dello scorso anno. Piccolo rispetto alle sue ambizioni, alla sua voglia di Lazio. “Mi sento un allenatore realizzato, sto allenando la squadra di cui sono tifoso”. Non si è mai tirato indietro, ha sempre ribadito la sua fede. La sua Lazialità, trasmessa giorno dopo giorno alla sua squadra. Il popolo brancoleste lo sa. O meglio, l’ha capito, perchè ad Auronzo il clima era teso: “Avrebbe dovuto rifiutare il balletto delle panchine tra Lazio e Salernitana in attesa di sapere se ereditare quella più importante – le frasi apparse in un comunicato della Nord – L’uomo di Lotito Inzaghi dimostri quello che vale”. L’ha dimostrato, con le parole e con i fatti. E tutti se ne sono accorti.

E GLI ALTRI A 40? – Ventidue vittorie, sette pareggi e dieci sconfitte, per un totale di 73 punti conquistati. In attesa di affrontare il Palermo – la squadra contro cui ha esordito lo scorso anno – questo è lo score di Inzaghi nelle sue prime 39 panchine alla Lazio. Nonostante gli manchi ancora una gara, ha già fatto meglio di tanti altri allenatori dell’era Lotito. Pioli nelle sue prime 40 apparizioni in biancoceleste in Serie A ha raccimolato 72 punti (22 vittorie, 6 pareggi, 12 sconfitte), Reja 69 (20 V, 9 P, 11 S), Petkovic 64 (19 V, 7 P, 14 S) e Delio Rossi solo 62 (16 V, 14 S, 10 P). Dati alla mano, è il miglior rullino di marcia degli ultimi anni.

IL PUNTO PIÙ ALTO – A livello generale, l’apice di questo primo anno di Inzaghi è sicuramente il derby d’andata di Tim Cup. Analizzando però soltanto il campionato, non possiamo non citare Lazio-Fiorentina. Una prova di forza incredibile della squadra capitolina, contro una diretta concorrente per l’Europa. Un 3-1 netto, nel gelo dell’Olimpico, ancora pieno di barriere e senza troppi tifosi. Milinkovic, Biglia su rigore e Radu firmano il successo, arrivato anche con qualche brivido per la reazione dei viola, che sbagliano un penalty con Ilicic e vanno in rete con Zarate. Prestazione, gol, risultato, sacrificio e duttilità tattica. C’è tutto in questa gara, che è il manifesto di quanto il tecnico sia poco integralista. “Non conta il modulo, ma l’atteggiamento“. È il suo credo e lo ripete sempre. Difesa a 3, a 4 o a 5. Ha costruito una squadra plasmabile, una creatura in grado di cambiare pelle in poco tempo. Anche all’interno della stessa partita;

IL PUNTO PIÙ BASSO – Siamo al 21 dicembre. Tre giorni dopo il tris calato alla Fiorentina. La Lazio è ospite dell’Inter dell’ex Pioli e incassa un pesante 3-0. Una resa totale. Prima di Natale, quando tutti si aspettavano il salto di qualità. Una sconfitta senza attenuanti, l’ennesima contro una big. È mancata la prestazione, il carattere e la personalità. Sono passati quasi 4 mesi e il ricordo di quella notte ancora brucia;

Riccardo Caponetti

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