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MANZINI: “Che gioia alzare la COPPA in faccia alla ROMA. Ora tutti sanno chi comanda in città”

Il team manager della Lazio: “Al triplice fischio ho pensato a mio padre, che era romanista…

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LAZIO-MILAN Petkovic Manzini

NOTIZIE SS LAZIO – Il team manager della Lazio, Maurizio Manzini, è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Radio. Ecco le sue parole:

Che momenti sono per te?

“Sono momenti di particolare soddisfazione e felicità, però indosso la maglia del Fenerbahce perché bisogna stare sempre vigili e attenti”.

In Europa poi siamo usciti di pochissimo.

“Non solo siamo usciti di pochissimo, ma anche per nostro demerito”.

Hai vissuto di tutto in questi anni. Che valore dai a questa Coppa Italia?

“Immenso. Non solo perché è l’ultimo trofeo. Io sono stato testimone di tanti trofei. Per ora Lotito ha fatto il vero triplete, che con la Supercoppa potrebbe diventare poker”.

Lotito, anche oggi, ha ricordato che i soldi non sono tutto.

“Puoi avere quanti soldi vuoi, ma se non li sai amministrare svaniscono in un attimo. Sono fatti che accadono, sono lezioni che arrivano da tutti i campi della vita, compreso quello sportivo”.

Tu hai vissuto momenti di grande pericolo per la Lazio.

“Ricordo che la linea fra disperazione e felicità non è mai stata sottile come quella tracciata il 19 luglio. Non c’era nulla, nemmeno le strutture”.

Da laziale quanto stai godendo?

“Ho sentito una definizione in radio che mi sento di condividere: come un opossum”.

Mai immaginato di alzare un trofeo di fronte alla Roma?

“No. Quello è il massimo della vita. Quando i sogni diventano realtà. Anche perché proprio come un sogno sarà impossibile che possa ripetersi. Gli incastri che possono riportare a quel momento sono al di fuori di ogni possibilità. Non è un derby normale, un derby di campionato non sarà mai così. Al di là del trofeo ci si giocava la supremazia della città. La sfida di domenica ha sancito che le gerarchie in questa città sono queste. E non c’è nulla da fare”.

A chi hai pensato?

“A mio padre, che come i miei parenti era un acceso romanista. Ho alzato gli occhi al cielo e gli ho detto «scusa papà»”.

Del passato qualche persona della Lazio a cui hai pensato?

“In quegli attimi, al triplice fischio, mi è passato davanti un lungo film cominciato nel 1972 e ho rivisto tutti i personaggi che hanno fatto la storia di questa squadra. E’ stata una gioia che mi ha riempito”.

Sui tifosi.

“Mi unisco ai fratelli laziali di fare sfoggio della lazialità, deve essere orgoglio di appartenere a questo club gloriosissimo che ha portato uno stile nello sport. Lo ripeterò fino all’esaurimento: la Lazio è l’unico club in Europa che può vantarsi di essere «ente morale»”.

Sulla stella.

“Se non sbaglio non è prevista la stella sulla maglia nelle direttive della Lega”.

Tanti attestati di stima per te.

“Ringrazio tutti. Dico grazie anche ai dirigenti che ho avuto: da Lenzini a Lotito. Grazie a tutti loro perché mi hanno dato una chance che nella vita di un laziale sia irripetibile”.

Immagina di avere un bambino di 10 anni qui. Tre storie di Lazio gli racconteresti.

“Racconterei di queste giornate, sarebbe come raccontargli una bellissima favola. Poi gli direi che di tanto in tanto i giocatori si recano negli ospedali dove la gente soffre. La solidarietà è più importante della gloria. Infine vorrei ricordare ai bambini, futuro della nostra società, che bisogna avere sempre un obiettivo da raggiungere per dare scopo alla nostra esistenza. Gli obiettivi non sono facili da raggiungere e quello che lotta come te per lo stesso obiettivo va rispettato come avversario e non come nemico”.

Su Petkovic.

“Tra tutti i tecnici che ho conosciuto è un allenatore Lazio Style”.

(fine)

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