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POWAR (Dir.esecutivo FARE): “Il problema della LAZIO è che ormai in Europa si è fatta una certa reputazione…”

Il Direttore Esecutivo di FARE Network ritorna sulla squalifica dell’Olimpico per la gara contro l’Apollon: “Questa chiusura non è stata decisa da FARE Network: non abbiamo il potere di farlo”…

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LAZIO UDINESE CONTRO RAZZISMO

NOTIZIE SS LAZIO – La mano dura della UEFA ha colpito nuovamente la LAZIO: come è ormai noto, a causa dei cori razzisti nei confronti dei tifosi del LEGIA VARSAVIA lo scorso 19 settembre il massimo organismo europeo ha deciso di chiudere lo stadio Olimpico per la prossima sfida casalinga contro l’APOLLON LIMASSOL. Nell’occasione la squalifica arrivò non in base a quanto riportato dall’arbitro nel proprio referto, bensì sulle segnalazioni del FARE (Calcio contro il Razzismo in Europa). Per avere un quadro più ampio della vicenda, il forum Biancocelesti.org ha contattato Piara POWAR, Direttore Esecutivo di FARE Network. Di seguito l’intervista completa:

Buongiorno Mr. Powar. Biancocelesti.org rappresenta la maggioranza di tifosi della Lazio che non vogliono avere nulla a che fare con la pessima reputazione e immagine che i tifosi laziali sfortunatamente hanno all’estero. Ed é per questo che, da alcuni mesi, siamo orgogliosamente membri di FARE Network.
In questi giorni FARE é diventata sempre piú famosa in Italia perché, come riportato dai media, FARE invia i suoi osservatori alle partite in ambito europeo (UEFA), ma non a livello nazionale (Serie A), per segnalare eventuali abusi di tipo razziale sugli spalti.
Molte domande sono state sollevate relativamente al ruolo di FARE e alla sua collaborazione con la UEFA, quindi vorremmo aiutare la gente a fugare i propri dubbi in proposito.

Mr. Powar, potrebbe, per favore, presentarsi brevemente?
“Sì, sono il Direttore Esecutivo di FARE Network che ha sede a Londra e ora conta 125 membri in 33 paesi, siamo attivi in più di 40 paesi e, attualmente, siamo in fervida attesa delle Settimane d’Azione FARE, una manifestazione portata avanti da gente comune che inizierà Martedì 15 Ottobre e durerà due settimane, quindi questo è un periodo impegnativo e interessante”.

Quali sono gli obiettivi della rete FARE?
“FARE è una organizzazione formata da membri e gli obiettivi si focalizzano sull’antidiscriminazione nel calcio, facendo in modo di affrontare, attraverso il calcio, problemi di discriminazione razziale ma anche occuparci di più ampi problemi sociali come l’omofobia e temi di questo tipo. Inoltre ci occupiamo di integrazione sociale e coinvolgimento delle minoranze attraverso il gioco del calcio”.

Com’è considerata l’Italia per ciò che riguarda i problemi di razzismo e discriminazione nel calcio?
“Il dibattito in Italia sta attraversando quello che possiamo definire un periodo interessante e anche un periodo molto impegnativo perché so che si sta attualmente discutendo delle sanzioni che la Federazione Italiana ha inflitto al Milan e io seguirò tutti gli sviluppi di questa vicenda”.

Pensa che il razzismo nel calcio in Italia costituisca un problema più grande che in altre nazioni oppure è diffuso in maniera uguale in tutta Europa?
“Penso che ogni paese abbia diversi tipi di problemi. Attualmente vivo a Londra anche se viaggio molto e vedo che i problemi sono diversi ma sempre problemi. Ieri ero in Croazia e ho visto che il problema è diverso ma è sempre un problema serio. Da ciò che capisco di quello che sta succedendo in Italia riguardo i temi della discriminazione e del razzismo, non posso non guardare alla storia recente del paese e anche analizzare il modo in cui i governi in Italia non hanno cercato di avere un dibattito costruttivo sulla diversità. Vado in Italia 3-4 volte all’anno in città che ora sono cambiate molto in termini di immigrazione: ora ci sono immigrati dall’Africa insieme a quelli dall’India , dal Pakistan e dalla Siria. Sicuramente le varie comunità posso accettare gente da fuori, ma c’è bisogno di un dibattito su una nuova prospettiva e su temi come multiculturalismo e integrazione. La situazione al di fuori dello stadio spesso influisce molto, ma so che gli stadi italiani, molti dei quali sono di proprietà municipale, non hanno molte comodità e quindi non vanno incontro alle esigenze dei tifosi, naturalmente bisogna considerare la visione d’insieme”.

Parliamo un po’ della nostra Lazio, Mr. Powar. La Lazio è una delle più antiche e grandi polisportive d’Europa, con discipline che vanno dall’atletica, al nuoto, al paracadutismo. E’ stata fondata nel 1900 da un gruppo di giovani che presero ispirazione dagli antichi Giochi Olimpici e i colori sociali sono proprio il bianco e il celeste come quelli della bandiera della Grecia. Quindi nulla delle sue origini può essere associato al razzismo o al fascismo.
Nella stagione scorsa la Lazio ha indossato la maglia con la scritta NO RACISM in partite ufficiali e lo speaker dello stadio ha informato gli spettatori riguardo alle conseguenze di comportamenti razzisti. Il club, come molti in Italia (come Milan, Inter, ASRoma e Juventus), è spesso ostaggio di poche centinaia di idioti che si macchiano di comportamenti razzisti nonostante la buona volontà dello stesso club.
Gli stadi sono forniti di  telecamere a circuito chiuso che permettono di monitorare gli spalti. Alla luce di tutto ciò, quali sono altre misure pratiche che una società come la Lazio può prendere per combattere efficacemente il razzismo? E’ giusto chiudere un intero stadio dove ci sono decine di migliaia di persone civili a causa di poche centinaia che hanno comportamenti scorretti?

“Penso che il problema della Lazio, al momento, sia che in Europa si è fatta una reputazione di società che viene associata alla destra e la gente dice… “.

Veramente deve sapere, Mr. Powar, che e’ da almeno dieci anni che simboli di estrema destra non compaiono piu’ dentro lo stadio.
“Non voglio che vi mettiate sulla difensiva. Parlavo solo del modo in cui viene vista la Lazio da alcune persone in Europa”.

Certo Mr. Powar, è solo per essere obiettivi.
“Ci sono stati dei precedenti, come Di Canio ecc. Penso che questa opinione sia presente a prescindere nella mente della gente, qualcosa che è associato al club, che sia una supposizione giusta oppure no. Adesso, avete ragione, non ci sono simboli di estrema destra allo stadio, quindi penso che, sfortunatamente, sia un ulteriore problema che i tifosi della Lazio probabilmente devono affrontare dato che la Lazio è vista in questo modo. Non penso che tutti quelli che vanno allo Stadio Olimpico quando gioca la Lazio siano fascisti oppure credono in certe ideologie. Questa è una parte del problema, poi ci sono gli avvenimenti della stagione passata, per esempio, ci sono stati tifosi laziali che sono venuti a Londra, contro il Tottenham e hanno compiuto atti di antisemitismo (la bandiera della Palestina? Ndr) oppure il famoso blitz di Campo De’ Fiori che ha avuto conseguenze quasi mortali, durante il quale tifosi del Tottenham sono stati attaccati e conosco la discussione relativa al gruppetto…”.

Scusi l’interruzione, ma, se si riferisce all’episodio  di Roma, i media all’inizio lo hanno subito associato a tifosi della Lazio, ma poi è stato dimostrato che non erano laziali ma un gruppo di estrema destra (i primi ad essere arrestati erano tifosi romanisti ndr).
“Conosco molto bene questa situazione a Roma. Poi ci sono state altre due occasioni in competizioni europee nelle quali sono stati ricevuti degli avvertimenti e, ora, la chiusura dello stadio per la prossima partita in Europa. Devo dire che questa chiusura non è stata decisa da FARE Network: non abbiamo il potere di farlo”.

Questo ci porta alla prossima domanda: qual’è il ruolo di FARE nell’ambito UEFA?
“Abbiamo un progetto di collaborazione con l’UEFA: mandiamo osservatori molto preparati a monitorare le partite. I nostri osservatori conoscono le squadre che vanno a vedere, la cultura calcistica e la lingua del paese, ma capiscono anche gli aspetti positivi. Nulla è lasciato al caso”.

Quindi come vengono selezionati i vostri osservatori?
“Selezioniamo gli osservatori a seguito di candidature esterne (il bando si puo’ trovare sul loro sito, ndr), ci assicuriamo che abbiano una cultura calcistica, le necessarie conoscenze linguistiche, obiettività e conoscenze tecniche. Essi devono essere capaci di distinguere le varie sfumature delle manifestazioni di razzismo. Attualmente abbiamo un gruppo di 50 persone che hanno seguito i nostri corsi di formazione. Non può essere qualcuno di Manchester o Helsinki che va a monitorare la Lazio, ma deve essere qualcuno che conosca la cultura locale. In effetti nell’ultima partita eravamo preoccupati di più per il comportamento dei tifosi del Legia Varsavia perché quest’anno hanno avuto una parte importante…”.

Sì, ma i media hanno parlato solo dei laziali…
“Beh, veramente durante la partita tifosi del Legia hanno esposto uno striscione con l’apologia dell’assassino di Chris Hani che era al fianco di Nelson Mandela (Janus Jacub Waluz, un immigrato polacco in Sud Africa ndr). Hanno tirato fuori questo striscione che è stato anch’esso riportato all’UEFA. Quindi la questione non è mai limitata ad un solo club, penso che molti tifosi sappiano che queste cose sono osservate con obiettività. Forse i media parlano sono dei tifosi della Lazio, ma noi siamo sicuri del modo in cui guardiamo le cose e abbiamo dei bravissimi osservatori che comprendono la mentalità dei tifosi”.

Come garantite l’obiettività e la neutralità dei vostri osservatori? Per assurdo: è possibile che un tifoso romanista sia mandato come osservatore ad una partita della Lazio?
“Questa è un’accusa molto semplicistica che non vale la pena commentare”.

Non è un’accusa, è solo una domanda che ci permetterà di capire meglio come funziona.
“Lo so, probabilmente altre persone hanno domandato la stessa cosa. Questa è una cosa che non ci può essere addebitata  perchè ne va della nostra reputazione. Se noi mandassimo un osservatore romanista che odia la Lazio a monitorare un tifoso della Lazio, sappiamo già quale sarebbe il risultato e sappiamo anche che questo minerebbe la nostra credibilità. La nostra credibilità verrebbe sminuita  agli occhi dei laziali, del calcio italiano, del calcio europeo e, per ultimo, dell’UEFA. Non è uno scenario che noi vogliamo. Inoltre questo sistema è accreditato dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea. E’ un sistema molto efficace usato solo in alcune circostanze. Quindi penso che sia pura immaginazione il fatto che un tifoso romanista possa essere osservatore ad una partita della Lazio e noi non lo faremo mai. In ogni caso tutti i report degli osservatori arrivano a noi di FARE e vengono valutati attentamente. Se il report è su avvenimenti di poco conto non viene processato. Se invece sono riportati comportamenti non ritenuti corretti procediamo con ulteriori verifiche rimandando il report indietro e chiedendo più volte chiarimenti. Quindi questo è un sistema molto efficace”.

E’ necessario fornire un audio o un video come prova allegata ad un rapporto?
“Quando si tratta di striscioni richiediamo una foto, quando invece si tratta di cori razzisti alcune volte chiediamo di fornire un video. Alla fine non bisogna dimenticare che non siamo un’organizzazione con poteri per poter applicare la legge, non abbiamo rapporti con la polizia o i servizi di sicurezza. Siamo un’organizzazione che rappresenta la società civile in queste occasioni,  quindi  il procedimento legale è  un procedimento legale UEFA. C’è un’altra cosa da tenere in considerazione: il procedimento legale della UEFA deve avere basi solide, altrimenti non ha senso. Altrimenti ci si mette nella condizione che può essere facilmente ricusato in tribunale. Per questo anche l’UEFA deve essere sicura che ci siano delle basi solide in quello che fa”.

Quale pensa che debba essere il ruolo delle forze dell’ordine? Ci sono telecamere a circuito chiuso negli stadi che possono monitorare chi commette atti di razzismo ma il club non può fare nulla a riguardo perché non ha la possibilità di mandare via queste persone dallo stadio. D’altra parte la Polizia non sembra così interessata a farlo per mancanza di fondi oppure perché hanno altre priorità.
“Dipende dai casi, ma personalmente io interromperei la gara perchè ci sono esseri umani in campo che, a volte, vengono trattati da animali. Questa è la prima cosa. Poi, da quello che vedo, il sistema di sicurezza in Italia è troppo repressivo. E’ meglio provare ad educare chi viene arrestato o semplicemente metterli in galera? Si potrebbe dire: ‘proviamo a cercare di far sì che i tifosi si autocontrollino” e dirgli: “non vogliamo la chiusura degli stadi, cerchiamo di fare la cosa giusta’. Alla fine l’educazione rappresenta la strada giusta per intervenire e prevenire queste situazioni”.

Sì, questo è quello che, nel nostro piccolo, stiamo tentando di fare sul nostro sito e forum.
“Di questo ne sono certo. Nell’ultimo anno siamo rimasti piacevolmente sorpresi e soddisfatti che un certo numero di tifosi laziali progressisti sia venuto da noi a dirci: “vogliamo aiutare, vogliamo fare qualcosa”, come voi ragazzi… Penso che sia veramente una bella cosa”.

In effetti non ce la facciamo più a sopportare questa reputazione che ci trasciniamo dal passato. Soprattutto quando siamo all’estero, incontriamo qualcuno e gli diciamo che siamo tifosi della Lazio, veniamo subito classificati come fascisti e razzisti. Questo non è assolutamente vero perché la maggior parte dei laziali è costituita da persone civili. Ultima domanda, Mr. Powar: vorremmo sapere come gli abusi vengono riportati alla Federazione nazionale o alla UEFA e FIFA, in caso di partite internazionali, e se l’UEFA ha delle procedure per verificare i vostri rapporti.
“Quello che l’UEFA fa è visionare i nostri referti. Il sistema UEFA verifica la solidità del referto. Il referto, per esempio, in questo caso specifico, non era tale da giustificare la chiusura dello stadio. Lo stadio della Lazio è stato chiuso a causa dell’accumularsi dei precedenti episodi negativi avvenuti durante la scorsa stagione. L’UEFA ha il proprio personale di sicurezza e i propri delegati presenti alle partite. Il delegato UEFA è l’unico ufficiale dell’UEFA presente alla partita. In passato abbiamo visto delegati UEFA che hanno sentito cori razzisti e versi da scimmia ma hanno fatto finta di niente. Pensiamo che queste non siano le persone più adatte a valutare il razzismo negli stadi. D’altra parte noi gli facciamo sapere, dobbiamo fargli sapere, che abbiamo segnalato qualcosa. Ovviamente così loro sono informati e possono andare a parlare con le società e le federazioni, ma non possiamo fidarci solo del referto dei delegati UEFA, spesso sono persone over 50 che non sono interessati a questo tipo di tematiche. Penso che un altro discorso è relativo alla Federazione Nazionale, quello che è successo in Italia, questa “discriminazione territoriale” è qualcosa di nuovo per noi che deve essere discusso internamente in quanto solo loro conoscono le abitudini della nazione e possono chiedere consigli ad altre entità, come le associazioni di tifosi. Deve essere un dibattito a livello nazionale”.

Forse molte di queste nuove norme UEFA avrebbero dovuto essere introdotte in maniera più graduale perchè così, a volte, i tifosi neanche riescono a capire cosa è successo e perchè il loro stadio è stato chiuso.
“Sì, ma bisogna capire che non è stato qualcosa relativo solo all’ultima partita ma si trascina dalla stagione scorsa. C’è stata tutta una serie di multe e avvertimenti prima di arrivare alla chiusura dello stadio”.

Grazie per la disponibilità, Mr. Powar. Vuole dire qualcosa agli utenti di Biancocelesti.org e, in generale, ai tifosi della Lazio?
“Grazie per il vostro interessamento. Spero che ci possa essere un dibattito costruttivo, anche con la partecipazione di voci progressiste, che ci porti ad una sorta di auto-regolazione e che possa migliorare la situazione. Buona fortuna!”.

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