Lotito: "Gestisco la Lazio come un buon padre. Milinkovic? Vi dico perché non l'ho venduto"

Pubblicato 
lunedì, 01/10/2018
Di
Redazione Lazionews.eu
Tempo di lettura: 4 minuti

LAZIO LOTITO - Ai microfoni de Il Tempo, Claudio Lotito ha rilasciato una lunga intervista nella quale ha parlato della sua Lazio, della delusione post derby e di alcuni retroscena di mercato riguardanti soprattutto Milinkovic: queste le dichiarazioni del patron biancoceleste.

DERBY -  "Sabato mi sono allenato due ore e mezza nel centro sportivo di Formello per scaricare la tensione, altrimenti sarebbe successo qualcosa, invece mi sono sfogato sulle attrezzature. Se ho telefonato a Inzaghi? A caldo non si fanno mai rimproveri o considerazioni, soltanto a mente fredda. Il derby è stato una parentesi".

ERRORI - "Sono considerazioni che vanno fatte all’interno della società e non in forma pubblica, sia se ha fatto bene che male, altrimenti significherebbe delegittimare Inzaghi che ha dato un grande contributo al di là che le partite si vincono o si perdono. Abbiamo una rosa competitiva, lo conferma chi capisce di calcio ed è obiettivo. Questa rosa deve soltanto sfruttare al meglio le potenzialità che ha, mettendo in campo il giusto turnover. Alla Lazio non ci sono titolari e riserve, non a caso i nostri giocatori me li chiedono tutti. Il mister saprà fare tesoro dei suggerimenti espressi dal club, dal direttore sportivo Igli Tare o dal club manager Angelo Peruzzi, ma mai in maniera coercitiva: non mi sono mai intromesso in questioni tattiche né condizionato le scelte di formazione, ognuno ha il proprio ruolo, posso solo dare dei consigli in base a quello che vedo, perché poi è il presidente a metterci la faccia e ad assumersi le responsabilità. Se ci sono scelte sbagliate, la colpa è la mia".

MILINKOVIC - "Lo dico con tutta onestà. Avevo preso un impegno con l’allenatore che non lo avrei venduto in questa stagione, anche se ho ricevuto un’offerta importantissima il penultimo giorno di mercato, avevamo un piano per sostituirlo ma non c’era tempo. Qualche benpensante ha ritenuto di anticipare la chiusura in mia assenza (era in campagna elettorale ndr), ma la Lega con questa delibera si è condannata da sola ad avere dei danni, togliendoci la possibilità di fare operazioni fino al 31 agosto come in Inghilterra, Spagna o Francia. Quando arriva un’offerta il 17 agosto e il 18 chiudere il mercato, non potevo cederlo, ma soprattutto per la promessa fatta al tecnico: sono abituato a rispettare gli impegni che prendo".

OFFERTA DI 150 MILIONI - "Le cifre non si dicono ma sicuramente era un’offerta indecente che penso nessuno in Italia avrebbe mai rifiutato, lo dico senza paura di essere smentito. Non lavoro per il denaro, a me piace vincere le sfide, vedremo se ho sbagliato o ho avuto ragione a farlo. Avrei potuto vendere tanto ma non l’ho fatto".

ACQUISTI - "E che ci faccio con i calciatori, la collezione Panini? Vi garantisco che tutti i giocatori della Lazio mi sono stati chiesti per cifre importanti, ma li ho tenuti. La stima del valore della rosa è stato fatto sulle offerte che sono arrivate".

STADIO - "Non dipende da me, altrimenti lo avrei già fatto visto che sono stato il primo a presentare il progetto e a parlare di stadi anche se tutti ora fanno i rivoluzionari. Sapete come sono andate le cose, allora c’era un sindaco che ha fatto di tutto pur di non andare avanti, ma la vita è fatta di corsi e ricorsi. Mi credevano una meteora e invece sono ancora qua, a differenza di altri, alla fine poi il merito paga. Esistono persone perbene come me che vogliono e possono lavorare per l’interesse comune, dando riscontri ai bisogni delle persone e alle loro esigenze che vivo anche io da imprenditore".

LA LAZIO - "Non ho mai ricevuto proposte e la vendita sarebbe ammettere un fallimento e non sono abituato, mentre io lavoro per vincere le sfide e non per il denaro. Lo sa bene mia moglie, mi regalò una coppa con scritto: ‘per tutte le sfide che hai vinto e per quelle che vincerai’. Gestisco la Lazio come un buon padre di famiglia, sono l’unico presidente in Italia che non percepisce un euro. Ho intenzione di preservare, coltivare e far crescere il mio patrimonio storico-sportivo ed economico che è questa società. Quando sono arrivato, ho eliminato gli emolumenti dal presidente in giù e tutti mi hanno guardato sconvolti, qualcuno mi ha pure detto che ero entrato in società come un elefante in una cristalleria".

TIFOSI E STAMPA - "Ormai domina la cultura dell’apparire e non dell’essere. Molte persone si sono fatte una bella nomea per come li descrive la stampa, ma nella vita poi sono nulla quando ti confronti su alcuni temi. Ecco, io sono di quelli che appaiono male, ho fatto una scelta tra essere e non essere. Riguardo la tifoseria, è vero che è stata al centro della cronaca per alcuni atteggiamenti non compatibili con un tifo civile e rispettoso delle regole. Oggi lo posso dire, forse la mia azione ha portato anche a un cambiamento nei loro comportamenti anche se è rimasta la nomea negativa. Però gli altri compiono omicidi e nessuno ne parla, mentre contro i laziali si muove chiunque per la questione degli adesivi: farli passare per razzisti mi sembra esagerato. Anzi la Lazio è una delle società che fa tante cose, in silenzio, per le persone meno fortunate".

ROMANISTA? - "Questa è un’altra invenzione che nasce da un fatto molto semplice. Quando ero ancora fidanzato con la mia futura moglie, mio suocero era proprietario della Roma insieme alla famiglia Sensi. Quindi è capitato di andare allo stadio a vedere le partite dei giallorossi con lui, ma poi l’ho convertito sulla via di Damasco e ora tifa Lazio per merito soprattutto di mio figlio. Dà lì è nata la storia di Lotito romanista, che festeggiava i gol della Roma. Se ho mai esultato a una rete? Ma no, serve tutto per screditarmi, però neanche potevo mettermi a piangere per la squadra della mia famiglia. Qualcuno dice ‘purché se ne parli’, ma di questi tempi invece è meglio che non se ne parli affatto".
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