Papà di Candreva: "Il ritorno in Nazionale di Antonio è stato una gioia immensa"

Pubblicato 
venerdì, 09/11/2012
Di
Redazione
Tempo di lettura: 2 minuti

Domenica pomeriggio ci sarà il derby attesissimo della capitale. Ha giocarlo con la maglia biancoceleste ci sarà un romano vero e proprio: Antonio Candreva, una delle più belle sorprese di questo inizio di stagione in casa Lazio. Il papà di Candreva, Marcello, ha raccontato al Corriere dello Sport, tutta l'infanzia del figlio fino al periodo laziale. Di seguito un breve estratto di quello che ha detto:

Già da piccolo voleva diventare un calciatore vero? ”Calciava qualsiasi cosa somigliasse ad una sfera, si costruiva le pallette con lo scotch, era mingherlino e tutto nervo. E aveva già un bel tiro”.

Aspettative e sacrifici della famiglia: ”Io e mia moglie non pensavamo che nostro figlio potesse diventare un professionista, certo tutti ci dicevano che era bravo e io rimanevo colpito quando gli allenatori lo facevano giocare con i ragazzi più grandi. Un genitore non li quantifica mai (i sacrifici), perché non è mica una cosa anomala spendere la vita per i figli. Noi non vogliamo attribuirci nessun merito, anche perché lui ha fatto tutto da solo, ha sempre avuto una determinazione fuori dal comuneNon sono mai stato un rompiscatole, volevo che andasse bene a scuola e che riuscisse a divertirsi con lo sport. Lui era un preciso, tra i banchi non aveva grosse difficoltà, ma si limitava a fare il suo. Non ho mai pensato che potesse fare il mio mestiere, neanche ho provato a indirizzarlo”.

Sull'educazione datagli dalla famiglia: "Gli dicevo di rispettare gli amici e gli avversari. E di rimanere umile. Devo dire che è sempre stato un bambino equilibrato, anche per questo non riusciva a sopportare le ingiustizie e le falsità”.

Un'episodio negativo? “Giocava con gli esordienti della Lodigiani, una società a cui lui deve molto, la sua squadra stava vincendo tanto a poco, il mister lo sostituì nel finale e lui ebbe una brutta reazione. L'allenatore lo punì, ma vi posso assicurare che passò un brutto quarto d'ora anche a casa”.

Sui scarpini e sulla fede calcistica: "Gli duravano sempre poco, inventava scuse per cambiarli. Che poi era anche il segnale di una passione per il vestire. Se l'è portata dietro, credo che abbia sviluppato un certo gusto. Di sicuro lo aveva per i giocatori di classe, in passato ha fatto riferimento ad alcuni romanisti, ma non ha avuto neanche il tempo per maturare una fede calcistica. Oggi è orgoglioso di essere entrato nel cuore dei tifosi biancocelesti”.

Sul ritorno in Nazionale: ”E stata una gioia immensa, anche per noi famigliari. Mia moglie è riuscita anche a seguirlo. Di solito lei arriva all'ingresso delle squadre in campo, poi distoglie lo sguardo dal televisore. Ha paura che si faccia male, non riesce proprio a vederlo giocare”.

Sul derby: ”Spero solo che giochi come sa, che sia una bella partita e che la sappia interpretare in modo corretto”.

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