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Dal campo alla panchina. Il pragmatico Inzaghi fa visita a De Zerbi

FACCIA A FACCIA – I due allenatori cominciano l’avventura in panchina in due modi diversi, ma…

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FACCIA A FACCIA – Dagli scarpini alla giacca. Dai gol ed assist alle firme sulla scrivania. Prima le corse sul campo, ora le camminate nervose davanti alla panchina. Il passato sul rettangolo verde, il presente ed il futuro da allenatori. Questo accomuna Roberto De Zerbi e Simone Inzaghi, due ex calciatori che verranno messi l’uno contro l’altro nella 14a giornata di Serie A.

GAVETTA – Due inizi diversi, due esperienze opposte, uno stesso destino. De Zerbi ed Inzaghi, una volta dato addio al calcio giocato, cominciano la loro avventura da allenatore in due mondi molto lontani tra loro. Il primo si mette alla prova prima al Darfo Boario, squadra non professionista, e poi al Foggia, in Lega Pro. Il secondo parte dai ragazzi del settore giovanile della Lazio: Allievi regionali prima, nazionali poi e infine la Primavera. Dimostrano subito di avere qualità, di avere la stoffa per lavorare in piazze importanti ed esigenti. Il destino bussa alla loro porta e loro non esitano ad aprire. Arriva così la Serie A, arrivano Zamparini e Lotito. I presidenti li scelgono per sostituire rispettivamente Ballardini e Pioli. La loro storia conosce quindi nuove vicende, nuovi capitoli: alcuni belli e colorati, altri più in bianco e nero. In attesa di scoprirne un altro, che per il palermitano potrebbe essere anche l’ultimo, domenica alle 12.30 allo stadio ‘Renzo Barbera’.

STILE – Costruzione dal basso, possesso palla, attacco della profondità ed un gioco sempre molto arioso. Questo è il credo di De Zerbi, che si è subito contraddistinto per il modo di far giocare le proprie squadre. Vedere il suo Foggia era quasi unico, osservare il suo Palermo un po’ meno. Sono cambiati gli interpreti, è cambiata la categoria, la A non è la Lega Pro: ogni errore si paga a caro prezzo. Il 37enne di Brescia non si è però scomposto, non ha rinunciato alle sue idee. In molti gli contestano di essere poco concreto, di non sapersi adattare alle situazioni e di pensare più alla qualità che alla sostanza di fare punti. La volontà di proporre sempre un calcio offensivo accomuna i due tecnici, quella del pragmatismo e di far necessità virtù li divide. Così come il suo collega, anche ad Inzaghi piace impostare gare all’attacco, chiede alla sua squadra di giocare palla a terra e di mantenere il possesso palla. Sempre ovviamente con un pensiero al risultato, nel nostro calcio l’elemento che più conta. Il gioco poi passa in secondo piano, dalle parti di Formello c’è sempre stata molta chiarezza: “Avevamo necessità di vincere – le parole dell’allenatore piacentino dopo Lazio-Empoli – ora cerchiamo di migliorare il gioco“. I continui cambi di modulo, la ricerca costante di un equlibrio di squadra sono le prove più lampanti. Chissà domenica come i due interpreteranno il match Aspettare e ripartire o cercare di comandare fin da subito? Questo è il dilemma…

CARO PALERMO – Pensi al Barbera e sorridi. I ricordi biancocelesti non possono che tornare al 10 aprile scorso. Quella sera la Lazio scende il campo contro i rosanero, dopo una settimana di ritiro a Norcia e il cambio in panchina. Via Pioli, dentro Inzaghi. La mossa della società per risollevare la squadra ha subito l’effetto immediato e voluto. I giocatori con l’aquila sul petto dominano e rifilano tre schiaffoni all’ex formazione di Novellino. Un doppio Klose firma i primi due gol, Felipe Anderson chiude il tabellino e dà i primi segnali di una rinascita. Un risveglio tanto atteso dal popolo della capitale, che ora ricomincia a godersi il proprio numero 10. Domenica sarà uno dei più attesi, così come mister Simone. Quella panchina in Sicilia non se la dimenticherà mai. Ritornerà li dopo quasi un anno, proprio lì dove tutto ebbe inizio.

Riccardo Caponetti

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