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Da fuori rosa con la Lazio a bomber ritrovato nel Chievo: bentornato Filip Djordjevic

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DJORDJEVIC CHIEVO SERIE B – Quando ci si appresta a leggere un libro o si inizia a seguire una nuova serie tv, ogni appassionato, dentro di sé, spera sempre nel lieto fine. La storia può essere contornata da vicissitudini, da cadute e risalite. Più problemi si superano, maggiore è poi la soddisfazione nel vedere che l’eroe ce l’ha fatta. Ebbene, se rapportato al mondo del calcio, questo romanzo (o film) potrebbe avere come titolo “Il Chievo Verona” e il suo protagonista principale essere Filip Djordjevic.

Djordjevic, il gigante buono di Belgrado

Esatto, Filip Djordjevic. Quel Filip Djordjevic che solo qualche stagione fa trascinava la Lazio di Stefano Pioli verso la qualificazione ai Preliminari di Champions League, e che ora risale la china, con il suo Chievo, provando a riconquistare la massima serie. La parabola italiana del nativo di Belgrado è stata contornata da alti e bassi. Arrivato nel Bel Paese nel 2014, si è presentato al pubblico laziale con una tripletta al Palermo (29 settembre, Palermo-Lazio 0-4). Il patron Lotito lo aveva strappato al Nantes, con l’obiettivo di dare a Pioli una prima punta fisica da affiancare a Miroslav Klose. Il gigante serbo, classe 1987, chiude la sua stagione di debutto in Serie A con 27 presenze e 9 gol. E un doppio palo. 20 maggio 2015, Finale di Coppa Italia tra Lazio e Juventus, all’Olimpico. Tempi supplementari. Djordjevic, con una bordata da fuori area, prende un doppio palo a Storari battuto che smorza in gola l’urlo di gioia del popolo biancoceleste. I bianconeri, poi, vincono quella partita e la Coppa. E la parabola di Filip inizia la discesa.

Dalla Lazio al Chievo: gli anni bui di Djordjevic

Dopo una stagione di luci e ombre (32 presenze, 6 gol nel secondo anno alla Lazio), il terzo nella capitale è da dimenticare. L’addio al calcio di Klose e l’arrivo a Roma di Ciro Immobile oscurano il serbo, sempre più ai margini delle rotazioni. L’idillio con Simone Inzaghi non scoppia e Djordjevic finisce fuori rosa. Si allena da solo, a Formello, per oltre un anno, sino a quando, il 13 giugno 2018, arriva la chiamata del Chievo. Filip è pronto a lasciarsi il passato alle spalle e a ripartire con una squadra che punta su di lui per il reparto offensivo. Ma la fortuna, ancora una volta, gli gira le spalle. Djordjevic gioca con il Chievo nella stagione più difficile del club veneto in Serie A, partita con la penalizzazione e finita, ancor peggio, con la retrocessione. Il serbo chiude con 14 presenze ed 1 gol, ma non abbandona la barca nel momento di difficoltà e retrocede in Serie B.

Il nuovo Filip Djordjevic

E la scelta sembra essere stata azzeccata. Il 4-3-1-2 disegnato da Michele Marcolini per il suo Chievo ha fatto rinascere Djordjevic. L’attaccante serbo è la nota positiva di questo inizio di campionato dei veneti, ancora non completamente calati nella realtà del campionato cadetto. La squadra, con ambizioni di promozione diretta, arranca a metà classifica, con appena 7 punti conquistati nelle prime 6 giornate. Ma il gioco c’è. E i gol pure. Filip Djordjevic ha messo a segno già 4 reti in questo avvio. Meglio di lui hanno fatto solo Marconi (Pisa, 7 gol) e Iemmello (Perugia, 6 gol). Tante reti, e tutte pesanti. I gol di Djordjevic hanno fruttato al Chievo 6 dei 7 punti conquistati. Il serbo ha bucato la rete in Chievo-Empoli (1-1), Venezia-Chievo (0-2), Salernitana-Chievo (1-1) e nello scorso match casalingo contro il Pordenone (1-1). A segno nelle ultime due gare, sabato prossimo a Livorno il bomber vuole centrare un tris mai raggiunto da quando gioca in Italia.

Non solo gol

Marcolini può essere soddisfatto del suo nuovo numero 9. Djordjevic si sta rivelando un attaccante di categoria, e non solo per i gol. Nell’ultimo match giocato contro il Pordenone, l’ex Lazio ha chiuso con l’87,5% di passaggi completati (14 su 16), 8 tiri in porta e 5 duelli vinti. Un calciatore ritrovato, nella testa e nel fisico. Un Filip scatenato che sembra essere tornato quel giocatore capace di far fare panchina a Klose, Keita o Felipe Anderson. Il campionato è solo all’inizio, ma questo libro merita di essere letto fino alla fine.

Marco Barbaliscia

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