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Il padre e il suo primo allenatore rivelano la giovane storia di LUCA CRECCO

NOTIZIE SS LAZIO – “Bollini è stato un vero istruttore, un vero maestro. Un ringraziamento va anche ad Inzaghi, è cresciuto con le persone giuste”…

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PRIMAVERA LAZIO CRECCO

NOTIZIE SS LAZIO – E’ un ragazzo normale Luca Crecco, diciotto anni, scuola, patente e un sogno. Un sogno che inizia a farsi realtà: la Serie A. Cresciuto a Formello con i colori biancocelesti, è un esterno sinistro, in settimana Reja l’ha provato per la sfida con la Juventus, che Luca ha già conosciuto. Lo scorso 15 aprile esordiva contro i bianconeri, quando entrava in campo per sostituire Ledesma. A raccontare del giovane di Balduina che ha incantato la Lazio,  il Corriere dello Sport ha raccolto i racconti del papà e del suo primo allenatore Claudio Cosmi.

IL PADRE. Daniele Crecco, lei ci provò, ma non ci fu niente da fare. Vero?

“Io sono dentista, speravo che Luca proseguisse questa strada, mi sarebbe piaciuto, ma la sua passione è da sempre il calcio ed è giusto che la viva. Andava alle medie, non lo forzammo, capimmo che quell’indirizzo per lui non era il massimo”.

Il calcio, il pallone, da piccolo vedeva solo questo.

“La pesca e il nuoto: ci abbiamo provato, niente. Sono un appassionato di pesca, quando era piccolino ho provato a portarlo con me. I risultati? Scarsi, non era tra le sue aspirazioni. Provammo anche col nuoto, faceva il faccino triste, era una faticaccia portarlo in piscina. Per il pallone era sempre pronto, anche 20 minuti prima”.

Papà Crecco alla fine s’è arreso… 

“Luca era in tenerissima età, in casa non faceva altro che giocare col pallone, per evitare che demolisse tutto lo portammo in un centro sportivo del nostro quartiere, la Balduina. Aveva circa quattro anni, iniziò tutto con il calcio a 5. Ci salvammo noi (risata, ndr) e lui diede sfogo alla sua passione”.

Il pallone, una calamita. 

“In macchina c’era sempre un pallone per qualsiasi occasione. Il fratello maggiore di Luca giocava, quando andavamo a vederlo lui ci seguiva, ma si disinteressava della partita. Giocava a bordocampo, cercava disperatamente un compagno”.

Suo figlio è nato col pallone tra i piedi e col fisico scolpito. 

“Io ho un fisico normale, anche mia moglie, probabilmente avrà preso dai nostri avi, non lo so. Luca è mancino come il nonno materno, ha sempre curato il fisico, ha fatto sacrifici, ha avuto uno stile di vita buono. Noi l’abbiamo un po’ guidato nell’alimentazione, i meriti sono suoi”.

Il calcio, ma anche lo studio.

“Diventerà perito agrario, frequenta la scuola “Via Domizia Lucilla”, sempre alla Balduina. Le lezioni iniziano alle 8, raggiunge la scuola a piedi. Si sveglia alle 7, alle 8 meno 5 minuti esce di casa. E’ un ragazzo tranquillo, non ha grilli per la testa”.

Un ragazzo tranquillo, ma speciale. Ha 18 anni, ad aprile ha esordito contro la Juve e in settimana Reja l’ha provato tra i titolari. Chissà, magari giocherà… 

“Ne abbiamo parlato giovedì a cena, arrivano tanti messaggi dei suoi amici, leggono gli articoli, gli chiedono informazioni. Lui pensa a lavorare, deve dimostrare tanto”.

Diciotto anni compiuti. Patente e macchina, il passaggio è obbligatorio.

“Non ha ancora la patente, aspettiamo che arrivi, proverà a prenderla in queste settimane. Ha voglia di autonomia, è giusto così”.

Chi lo accompagna a Formello?

“Mia moglie, ha più tempo, io lo accompagno il venerdì. Il sabato e la domenica seguiamo insieme tutte le partite in casa ed anche alcune fuori. Siamo stati in Inghilterra quando ha giocato con l’under 18. Ci tiene molto alla maglia azzurra”.

Dagli Allievi di Inzaghi alla Primavera, ha fatto il salto con Bollini.

“Bollini è stato un vero istruttore, un vero maestro, l’ha consigliato, ha capito il suo carattere, l’ha impostato bene. Un ringraziamento va anche ad Inzaghi, è cresciuto con le persone giuste. Il clamore si genera facilmente, ma Luca ha giocato solo 20 minuti in serie A ed è stato in Primavera. La strada è lunga…”.

Diciotto anni e un cuore grande, Luca ha conosciuto le sofferenze della vita. Negli Allievi era compagno del povero Mirko Fersini, il terzino che perse la vita in un incidente.

“Si conoscevano dai tempi dei Giovanissimi, erano molto amici. La notizia arrivò per telefono, fu una tragedia, Luca scoppiò a piangere. Dopo la partita con la Juve regalò alla famiglia Fersini una sua maglia. Con Mirko vinsero il campionato Allievi Regionali, all’Olimpico spesso facevano i raccattapalle insieme, non lo dimenticherà mai”. 

Ieri era venerdì, l’ha accompagnato lei a Formello, cosa vi siete detti?

“Gli ho detto di stare tranquillo, di continuare lavorare, di mantenere i piedi per terra. Allo stadio ci sarà tutta la famiglia, i nonni sono un po’ anziani, lo seguiranno da casa”.

L’ALLENATORE CLAUDIO COSMI. Claudio Cosmi, allenatore del settore giovanile, tutto è nato con lei. Crecco aveva 4 anni quando la conobbe, lo portò alla scuola calcio di Ottavia. 

“Abbiamo iniziato a calciare su un campo di calcetto, cinque contro cinque, cominciammo così. Ci allenammo per un paio di anni alla Balduina, i più bravi li portavamo al centro sportivo di Ottavia”.

L’appuntamento era fisso.

“Prendevamo il trenino, era un’impresa accompagnare tutti i ragazzi (risata, ndr), ne portavo 8-10 ad Ottavia, dipendeva delle giornate. Si partiva alle 16,45, tornavamo intorno alle 20. I genitori lasciavano i ragazzi in stazione e li riprendevano in serata. Il mercoledì l’allenamento era alla Balduina, il martedì e il venerdì ad Ottavia. Luca era il bambino più bravo”.

Sfrecciava sulla fascia, cresceva bene. 

“Mi colpì il suo carattere, le doti tecniche erano palesi. Così piccolo era già un agonista, piangeva se perdeva. Non mi parlava, per farlo arrabbiare a volte arbitravo al contrario e lui s’avvelenava. Aveva l’agonismo dentro, uno spirito impressionante, ma era sempre educato, viene da una famiglia di grandi valori. Ho allenato tanti bambini altrettanto bravi, ma non avevano la stessa voglia di vincere. Lui voleva vincere in qualsiasi modo”.

La fascia è il suo habitat naturale? 

Quando iniziammo a giocare a undici affrontammo il primo campionato con il 4-3-3. Luca agiva da attaccante esterno, a sinistra o a destra, poteva far tutto. Col passare del tempo lo spostai, si esibiva da terzo a centrocampo”.

E puntava la porta… 

“Faceva gol, tanti gol. Inventai un gioco carino, per far divertire i ragazzi e appassionarli compilavo le pagelle dopo le partite. A fine anno regalavo una Coppa a chi aveva fatto registrare i volti più alti. Crecco vinse il premio per 2-3 anni, era sempre il migliore”.

L’Ottavia ha sfornato bei talenti. 

“Ho allenato anche Cataldi, ma Danilo è un ‘94. Nel giorno del provino con la Lazio io e Sandro Sensoli, a quel tempo diesse dell’Ottavia, accompagnammo Luca. Fu preso subito, aveva 12 anni”.

Cosmi, quanto è orgoglioso? 

“Sono molto contento. Luca è un bravo ragazzo, non solo un bravo calciatore. Se il compagno era in difficoltà lo aiutava, se c’era bisogno di dare una pacca d’incoraggiamento a qualcuno lui la dava. Ci sono ragazzi cattivi dentro, Luca no. Era un ‘95, molti dicevano che avrebbe potuto giocare con i ‘93. A 10 anni, se puoi giocare con quelli di 12-13, vuole dire che hai grande forza”.

Ragazzo precoce, fisico da atleta.

“Era veloce e coordinato, in campo era un trattore. E da piccolo vedeva la porta in maniera incredibile, arrivò anche a quota 20-30 gol a stagione. Dribblava 3 avversari alla volta, andava in porta da solo, le partite le vinceva lui”.

Lazio nel cuore, Juve nel suo destino. L’esordio del 15 aprile in A avrà emozionato anche lei…

“Mi chiamò la mamma il giorno dopo, era emozionata, anche io lo ero. Spero di riuscire a vedere la partita, ho due bambini piccoli, è dura organizzarsi. Se potrò scapperò in un pub, prenderò una birra e mi gusterò lo spettacolo. Sperando che Luca ci sia”.

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