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Lazio-Sampdoria 5-2: Mihajlovic e quei tre colpi mancini all’ex

C’ERA UNA VOLTA – 13 dicembre 1998, quando il serbo biancoceleste entra nella storia…

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C’ERA UNA VOLTA – Un sinistro magico. No, non stiamo parlando di Diego Armando Maradona, il più grande giocatore di tutti i tempi, ma di Sinisa Mihajlovic, uno di quelli che, quando si parla di mancini può senza dubbio essere annoverato nei primi tre del mondo. Ad ogni punizione assegnata al serbo, si levavano i soliti “oooh” di coloro che all’Olimpico sapevano cosa aspettarsi. Il 13 dicembre del 1998, però, il numero 11 scrisse la storia. 

Stadio Olimpico, in campo Lazio e Sampdoria. Il protagonista più atteso gioca nella squadra biancoceleste, al centro della difesa. No, non è Nesta, ne tantomeno Mancini il grande ex, che festeggia le 500 partite in Serie A. Il protagonista è Sinisa Mihajlovic, mai troppo rimpianto dalle parti di Genova e ancora oggi nessuno si spiega il perchè. Una partita brutta, tirata fino al minuto 29. Calcio di punizione: il serbo annusa l’aria, sente odore di sangue. Gira intorno al pallone come uno squalo, Ferron piazza la barriera, ma nei suoi occhi c’è il terrore. Solita rincorsa, ghigno beffardo di chi ha già capito come andrà a finire. E Mihajlovic difficilmente sbaglia previsioni; palla sotto al sette, il portiere doriano raccoglie la palla in fondo al sacco. Ancora non sa che quel gesto diventerà una consuetudine. Palmieri prova a rovinare il pomeriggio perfetto del serbo dagli undici metri, il serbo non ci sta e capitalizza al massimo la sgroppata di De la Pena: fotocopia, deja vu all’Olimpico. Ancora Mihajlovic sul pallone, ancora Ferron che prova il tuffo disperato, ancora il numero uno doriano a raccogliere la palla in fondo al sacco. La ripresa inizia così come era terminata: punizione per la Lazio, il numero 11 sistema il pallone, Ferron lo raccoglie in fondo al sacco. La storia è stata scritta, mai un giocatore – ieri come oggi – sarà più in grado di segnare tre gol su punizione. Il resto passa in secondo piano, sono sempre i personaggi a scrivere la storia. Nessuno ricorda i gol di Stankovic e Salas a mettere il sigillo, ancor meno quello di Palmieri che aveva provato a riaprire la contesa. La partita ha un solo protagonista, si chiama Sinisa Mihajlovic.

17 anni e un giorno, Lazio-Sampdoria vivrà del ricordo di quelle gesta. Nessun sinistro magico a far sognare i tifosi, ma qualche malinconico, soprattutto di questi tempi, c’è sempre. E allora ben vengano gli “ooohhh” a ricordarci chi era Mihajlovic, siano lodati i racconti di quel giorno, ormai così lontano da essere solo un vecchio ricordo. La storia non ha età, i miti non invecchiano mai.

Matteo Vana

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