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28 ottobre 1979: muore Vincenzo Paparelli

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PAPARELLI- Roma. Il 28 ottobre 1979, sugli spalti della Curva Nord dello Stadio Olimpico, la vita di Vincenzo Paparelli viene stroncata da un razzo. Arrivato dalla dalla curva opposta. Un luogo di gioia e di passione si trasforma, il giorno di quel tragico derby, nella scena di un crimine assurdo che oggi, a 43 anni di distanza, ha lasciato ancora ferite che faticano a rimarginarsi.

Chi era Paparelli?

Vincenzo Paparelli era un tifoso biancoceleste di 33 anni, accorso allo Stadio Olimpico per poter godere della gara più attesa di tutta la stagione: il derby di Roma. Al momento dell’impatto, seduto accanto alla moglie, illesa per volere di quel Fato che tutto guida e nullo spiega, stava gustando un panino in attesa dell’inizio della partita. In una tragica giornata di pieno autunno Paparelli, meccanico, venne barbaramente ucciso dalla superficialità e dalla stupidità di un tifoso avversario lasciando la moglie, sotto shock per la scena che aveva vissuto, e due figli.

La Lazio come fede

Vincenzo era un tifoso della Lazio, che seguiva assiduamente: tutte le domeniche sosteneva la squadra in casa, talvolta riusciva a seguirla anche nelle trasferte. Un uomo guidato dalla passione che, spesso, condivideva con la moglie, fedele compagna di cori e infinite esultanze.

Paparelli, un omicidio allo Stadio Olimpico: la vicenda

La storia del delitto

Difficile, quasi impossibile, riuscire a ricostruire le cause della morte di Vincenzo. Quel 28 ottobre 1979, infatti, già due razzi erano stati lanciati dalla Curva Sud: entrambi si erano persi oltre i limiti delle gradinate dello stadio. Il terzo, invece, quello scagliato da Giovanni Fiorillo, colpisce in piena faccia il tifoso biancoceleste, a circa 200 metri di distanza. Una traiettoria guidata da un destino di morte impensabile. Il petardo colpisce Paperelli dritto in un occhio, causando una ferita devastante e mortale.

I tentativi di soccorso

Le cronache dell’epoca parlano di una scena raccapricciante. Wanda Del Pinto, moglie 29enne di Vincenzo, si trova accanto al marito, il cui volto sfigurato dall’impatto perde sangue copiosamente. Poi le urla, il pianto e la richiesta di aiuto mentre i tifosi, terrorizzati dalla caduta del razzo, fuggono in tutte le direzioni. Un solo ragazzo tenta di aiutare Vincenzo, ma gli è impossibile estrarre il corpo estraneo dall’orbita del trentatreenne. Vana la corsa in ambulanza verso l’ospedale. Vincenzo Paperelli muore durante il trasporto.

Paperelli, le possibili cause del folle gesto

A Roma quella giornata di ottobre era piovosa e fredda. Non certo ideale per una partita di calcio. Così l’Olimpico era tutt’altro che gremito al momento della tragedia. In casa giocavano i giallorossi e la Sud contava già più tifosi; la Nord si stava lentamente riempiendo.
A scatenare le ire dei tifosi della Roma potrebbe essere stato uno striscione, affisso in Curva Nord: “Rocca bavoso, i morti non risuscitano”. E così, intorno alle 13.15 ecco il lancio dei primi razzi, a cui seguirà il terzo, l’arma del delitto allo Stadio Olimpico.

Omicidio Vincenzo Paperelli: le indagini e il destino di Giovanni Fiorillo

All’Ospedale S. Spirito, quello designato per prestare soccorso al biancoceleste, inizia a diffondersi la notizia della morte di Vincenzo e, ai cancelli del nosocomio, inizia a radunarsi una piccola folla. Tra loro anche il padre di Wanda, colpito da un malore nel conoscere la sorte del genero. La polizia, vista la gravità e la straordinarietà del fatto, inizia immediatamente le indagini e, dopo un primo momento in cui l’omertà dei tifosi della Sud sembra avere la meglio, viene rapidamente individuato il colpevole: Giovanni Fiorillo.

Il teppista\assassino, nel frattempo, ha già iniziato una latitanza che lo porterà addirittura all’espatrio, verso la Svizzera. Lacerato dai sensi di colpa prima chiama giornalmente il fratello di Vincenzo Paparelli, per chiedere scusa dell’accaduto, quindi si costituisce 14 mesi dopo il reato alle forze dell’ordine. Sarà condannato a 6 anni e 10 mesi per omicidio preterintenzionale.

Roma-Lazio 1-1, il pareggio di quel maledetto 28 ottobre

La scelta dell’arbitro D’Elia

In tutto questo trambusto l’Olimpico è diventato una polveriera. Il rischio di una escalation di violenza è concreto e così il direttore di gara, l’arbitro D’Elia, decide per lo svolgimento del match.

“ll tragico evento non era avvenuto sul rettangolo di gioco ma sugli spalti, dunque al di fuori della mia ‘giurisdizione’. Solo il commissario del governo o il prefetto avrebbe potuto ordinare di non giocare, per motivi di ordine pubblico. […] La motivazione che allora all’Olimpico spinse calciatori e pubblico a permettere di giocare la partita fu proprio quella di non esacerbare ancor di piu’ gli animi, sperando che la gara non cancellasse il gravissimo episodio ma in qualche modo ne stemperasse gli effetti e le conseguenti reazioni emotive. In verità, tutti – calciatori, tecnici, dirigenti e tifosi – si comportarono con il massimo senso di responsabilità e con esemplare correttezza durante tutti i novanta minuti della partita. Giocare fu, allora, una scelta di buon senso.”

Le parole dell’arbitro D’Elia sulla scelta di giocare il Derby Roma-Lazio dopo la morte di Vincenzo Paparelli

Ci vorrà la mediazione dell’indimenticato Capitano Wilson per poter giocare il match, in quello che fu davvero un tentativo di evitare conseguenze disastrose. Il Derby finì 1-1, in un clima surreale: i settori laziali dello stadio vuoti, il resto pieno ma senza gioia. Perché quel giorno, all’Olimpico, aleggiava la morte.

Martino Cardani

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