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PIOLI e la coperta troppo corta, cambi giusti ma al momento sbagliato e Pipe rischia di rimanere incompiuto. Non basta più provarci…

Non è comunque tutto nero nella notte del ‘Bentegodi’, con una difesa finalmente ritrovata e che torna ad essere inviolata dopo cinque partite…

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CHIEVO-LAZIO, IL RACCONTO – Il primo lieve squillo è ad opera di Antonio Candreva che prova il tiro da fuori al 3‘, deviato in calcio d’angolo dalla difesa. Nei primi minuti è una Lazio autoritaria quella che gioca sul prato del ‘Bentegodi’ e la presenza di Mauri si fa sentire subito; il Chievo è molto aggressivo e prova ad andare al tiro con Hetemaj. Sono gli uomini di Pioli però ad avere le chances migliori, prima con il cross velenosissimo di Candreva che scorre per tutta la difesa, Djordjevic si infila all’ultimo ma viene chiuso in tempo. Sul corner colpo di testa da parte di De Vrij che finisce a lato. Al 12‘ azione di ripartenza da applausi dei biancocelesti, con Biglia che serve Candreva, Romoletto alza la testa e vede Mauri largo aulla sinistra, tocco dietro preciso del capitano per l’accorrente Parolo che scarica il sinistro potente al volo dal limite che mette i brividi a Bizzarri. Al 20‘ occasione importante per i padroni di casa con la punizione battuta dalla trequarti e Zukanovic si trova da solo a colpire in controbalzo: pallone che finisce centrale tra le braccia di Marchetti. Al 22Biglia prova a replicare la magia del match contro il Torino, ma stavolta il pallone termina alto. Al 24‘ al tiro da distanza siderale ci va De Vrij, che sfodera un destro potente che finisce insidioso verso Bizzarri che blocca in due tempi. Al 29rischia tantissimo la Lazio con il cross di Birsa in mezzo per Meggiorini tutto solo che in spaccata non raggiunge il pallone, Marchetti para. Altra possibilità per i capitolini con l’imprendibile Candreva che va via, mette al centro e Parolo prova la deviazione da posizione molto complicata: pallone a lato. Al 35‘ è il Chievo ad andare vicino al vantaggio, prima con un batti e ribatti risolto in qualche modo da Radu, poi dal corner conseguente stacco imperioso di Gamberini che schiaccia il pallone, alto sopra la traversa. Ci prova ancora Candreva con un tiro da fuori al 39′, sempre insidioso con Bizzarri costretto agli straordinari. La prima frazione di gara non offre ulteriori brividi e finisce 0-0. Buona Lazio dalla cintola in su, ma dietro si rischia troppo soprattutto sui calci piazzati. Nella ripresa il match non è bello a vedersi, molto maschio a causa dei tanti contrasti intensi: Pioli prova a dare una scossa inserendo Felipe Anderson un po’ a sorpresa al posto di Candreva. L‘occasione d’oro capita al Chievo sui piedi di Izco che dà solo l’illusione del gol colpendo l’esterno della rete. Al 27‘ dopo aver sonnecchiato tutta la ripresa, prova a scuotersi la Lazio con la buona combinazione tra Parolo e Mauri: il tiro al volo del capitano è una gioia per gli occhi per coordinazione ma è troppo centrale e Bizzarri devia in angolo. Il brianzolo lascia il campo subito dopo in favore di Keita. La Lazio non riesce a trovare il bandolo per sbrogliare questa matassa, la chance del match capita sui piedi di Djordjevic ben servito dal cross di un vivace Keita, il serbo deve deviare solo in porta ma colpisce male. Altra incredibile opportunità per  i biancocelesti con il colpo di testa di De Vrij molto bello, ma Bizzarri si supera e manda in corner. Nei successivi minuti, compresi i quattro di recupero, non succede altro e per la Lazio è un‘altra occasione buttata al vento.

OCCASIONE D’ORO BUTTATA AL VENTO – Dicevamo appunto. Una partita del genere in un periodo così, dopo le parole della vigilia, andava vinta: senza se e senza ma. Di occasioni clamorose il Chievo non ne ha create, è vero, ma la sensazione di poter cedere da un momento all’altro in qualche frangente c’è stata soprattutto nel primo tempo e sui calci piazzati, solito tallone d’Achille. La disamina di Gonzalez è uno spunto importante: “Abbiamo giocato poco per vie centrali, mentre i tanti cross arrivati in area non trovavano nessuno a colpire di testa”. In realtà è il tipo di cross che non ha funzionato: i traversoni di Candreva erano tagliati verso il primo palo ma puntualmente preda degli attenti difensori del Chievo. Per servire Djordjevic c’era bisogno anche di cross alti per la sua testa, ed è mancata anche la giusta cattiveria nelle deviazioni sottoporta. A fare la partita è stata la Lazio, quasi sempre, ha avuto il pallino del gioco ma se non la butti dentro poco conta: per controllare il match, manco a dirlo, è stato semplicemente decisivo il rientro di Stefano Mauri, fondamentale almeno tanto quanto Biglia. Con il capitano in campo i biancocelesti sono riusciti a tessere trame di gioco molto buone che hanno spesso portato al tiro ma con poca mira. L’ex Modena e Udinese riesce a dare le giuste misure e distanze tra i reparti come nessun altro nella rosa capitolina. Le azioni pericolose sono passate o per i suoi piedi o per quelli di Candreva. Purtroppo il brianzolo non era in grado di reggere 90 minuti allo stesso livello dopo l’infortunio e la sua uscita dal campo era preventivabile, tra l’altro avvenuta dopo un suo tiro magnifico che aveva il solo difetto di essere troppo centrale.

COPERTA TROPPO CORTA – La partita è completamente cambiata al momento dei cambi, a partire da quello di Felipe Anderson, in campo al posto di Candreva. D’accordo che l’esterno di Tor de’ Cenci era leggermente calato nel corso del secondo tempo ma aveva ancora molto da dare, era tornato il Candreva precedente al match con la Juve e ed ha lasciato il campo troppo presto, soprattutto perché é un giocatore che è pericoloso in fase offensiva ma è fondamentale anche per la fase di recupero palla praticamente dalla propria area e dà il perfetto equilibrio sull’esterno. Il brasiliano ha altre caratteristiche, supera l’uomo, è veloce e dinamico, ma con lui la Lazio non ha più tirato in porta, non sono arrivati più cross e in particolare è mancato costantemente l’ultimo passaggio. Lo ha sottolineato anche il suo tecnico: “Anderson al 90′ ha avuto quella grande chance ma ha sbagliato il passaggio nell’area con tre giocatori liberi. Invece Keita ha sbagliato lo stop in area che gli avrebbe permesso di calciare a rete”. L’ex Santos, a differenza del collega classe ’95, ha sbagliato la scelta del passaggio, il che è decisamente più ‘grave’ di un errore tecnico, che sicuramente in quel momento e in quella posizione non dovrebbe avvenire ma che ci può stare. Pipe è cresciuto senza ombra di dubbio rispetto allo scorso anno ma quando si tratta di dover scegliere l’uomo messo meglio e di servirlo sbaglia sempre. Finché avrà questo (grosso) difetto rischia di rimanere incompiuto e per la società sarà un investimento purtroppo andato a vuoto. Pioli lo ha ammesso: “Dal momento che non riuscivamo a trovare il guizzo, ho inserito Keita e Anderson per cercare la giocata individuale”. Ma in questi momenti ci vuole concretezza, una caratteristica che il carioca non è in grado ad ora di offrire; poi al posto di Mauri è entrato lo spagnolo, ma al 28′ della ripresa, troppo tardi. L’ex Barca si è fatto subito vedere benissimo e di certo dava la sensazione di essere più pericoloso di Felipe: probabilmente andavano invertiti i momenti dei cambi, sfoderando prima ‘Keitinha’ e poi il brasiliano. In conclusione, prima con Mauri e Candreva in campo si è fatto un determinato tipo di gioco, più manovrato e più ‘concreto‘, poi con Keita e Anderson se ne è fatto un altro, sicuramente più frizzante e veloce ma inconcludente. Insomma, la coperta alla fine era troppo corta, tirandola verso la carta dell’imprevedibilità si è finito col perdere in concretezza.

GONZALEZ FUORI POSIZIONE – Inoltre anche l’ingresso di Miro Klose è probabilmente avvenuto tardivamente. Si perché Djordjevic si è mosso tantissimo, è uscito spesso dall’area allargandosi molto per far spazio agli inserimenti dei centrocampisti: il serbo era però ormai spremuto e da qualche minuto la squadra aveva perso compattezza, si era sfilacciata mollando un po’ anche il pallino del gioco. Entrato Klose, la Lazio è salita immediatamente: il tedesco non ha toccato praticamente un pallone ma con lui la squadra ha rialzato il baricentro e riconquistando l’iniziativa. Ma ormai era troppo tardi. Non è stata una serata fortunata per Pioli per quanto riguarda le sostituzioni, ma un‘altra chiave è stata la posizione di Gonzalez. Si nota infatti che l‘uruguaiano è stato sempre l’uomo che è andato a raccogliere le respinte della difesa avversaria sulla trequarti, trovandosi poi soprattutto negli ultimi minuti di arrembaggio finale a mettere il pallone in mezzo. Purtroppo l’ex Nacional, ad eccezione di un paio di traversoni, raramente ha messo in difficoltà la difesa clivense e non gli si poteva chiedere di più. Non doveva essere lui l’uomo deputato a questo tipo di soluzioni, il ‘Tata’ ha fatto quello che ha potuto, le sue caratteristiche sono altre e non da trascurare neanche il fatto che è rimasto in campo per 90 minuti dopo tantissimo tempo. E’ mancato anche questo, un Mauri che però era uscito, un Lulic che era squalificato, magari un Ederson, o un Parolo. E proprio l‘ex centrocampista del Parma è stato invece autore di una buona partita, ha dovuto coprire la falla sulla sinistra lasciata da Lulic, ma anche lui era stanchissimo. L’azzurro ha giocato sempre, non riposandosi neanche in Nazionale, avrebbe sicuramente bisogno di una boccata di ossigeno. Infine si è sentita l’assenza della freccia bosniaca, che si non era in una condizione eccezionale, ma di certo non avrebbe costretto Djordjevic a uscire costantemente dall’area, avrebbe inoltre dato una possibilità in più per quanto riguarda il tiro in porta ma soprattutto le sponde di testa, sua grande forza, che potevano permettere di variare il gioco e contrastare la forza aerea della difesa veronese.

UN FORTE BAGLIORE – Non è però tutto nero nella notte del ‘Bentegodi’, perché comunque la Lazio ha fatto la partita, ha creato contro un buon Chievo in striscia positiva ora da quattro partite, Keita è entrato bene nella gara. In particolar modo, dopo cinque partite (con nove reti al passivo) i biancocelesti sono tornati a non subire gol, proprio nel giorno del debutto di Radu (si potrebbe esclamare finalmente) al centro in coppia con De Vrij. Non un caso, questo è chiaro, la retroguardia ha retto bene, ha dato garanzia, raramente si è fatta prendere di infilata e ha tenuto le posizioni. Il romeno può essere l’uomo giusto per dare certezze e sicurezze all’olandese per farlo crescere ancora più in serenità; l’ex Feyenoord è la nota positiva principale delle ultime partite, ormai sempre più padrone. I due Stefan sono il giusto mix di caratteristiche, aspettando che Basta entri in condizione possono davvero creare una difesa solida. Il biondo serbo è apparso invece un po’ appannato e nervoso, a prescindere dal gesto di gettare via la fascia nera in segno di lutto, comunque evitabile. Biglia il solito metronomo anche se con qualche sbavatura in più, Braafheid buono ma non irresistibile.

OK IL GIOCO, MA BISOGNA BUTTARLA DENTRO – “Ci è mancato il guizzo, la zampata, il gol”. Mica poca roba, in questo momento alla Lazio serve tornare a veder gonfiare la rete, quella avversaria ovviamente. Per (ri)scalare la classifica ci vuole la cattiveria in zona gol, ci sta anche essere meno belli. La classifica non è ancora delineata, è molto corta, in attesa dello scontro diretto tra Samp e Napoli il terzo posto, ad oggi comunque ancora fuori dalla portata della Lazio con queste partite, rimane distante appena tre punti sperando in un pareggio tra Benitez e Mihajlovic. Neanche a dirlo bisogna sfruttare questa serie di match alla portata, mancano Parma e Atalanta prima della cinquina terribile composta da Inter, Samp, Roma, Napoli e Milan. “Abbiamo provato a vincere, fino alla fine”, ha ripetuto un deluso Pioli: ma ora non basta più provare. bisogna solo buttarla dentro.

Francesco Iucca

TWITTER: @francescoiucca

 

 

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