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Il racconto di Lulic: dalla guerra al 26 maggio 2013

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LAZIO LULIC INTERVISTA – Un amore lungo dieci anni, e forse anche più, quello che lega la Lazio ed il suo capitano, Senad Lulic. Arrivato in sordina nel giugno 2011 dallo Young Boys, il giocatore bosniaco ha da subito fatto vedere le sue qualità, prendendo per mano la Lazio prima come trascinatore e poi come capitano. In un’intervista ai canali ufficiali del club, il capitano biancoceleste si è raccontato tra il suo passato toccato dalla guerra ed i momenti di gioia passati con la Lazio sul petto. Queste le sue parole.

Le parole di Lulic: “La guerra ti cambia molto. Il 26 maggio emozioni infinite”

“Ormai sono passati quasi dieci anni dal mio arrivo a Roma. Per me è stato più semplice conoscendo la lingua. Ho giocato a Bellinzona dove si parlava italiano. Mi trovo benissimo qui, ogni anno si rinnova il mio amore per questa squadra. Tutti mi ricordano il mio esordio a San Siro, come ero entrato in campo. Non ci si aspettava tanto da me. Su un calciatore che viene dalla Svizzera, dallo Young Boys, non si ripongono le stesse aspettative che si hanno, ad esempio, su uno come Klose, come Lorik Cana o Cissé. Si punta a occhi chiusi su gente di questo tipo. Io ho potuto lavorare in silenzio dietro a loro e dimostrare il mio valore negli anni. Avevo la tranquillità di poter lavorare, di poter imparare”.

La guerra

“Cosa ricordo della guerra nel mio paese? Un bambino di sei anni ricorda tanto. Ricordo un periodo molto brutto, anche per questo motivo nel ’98 ci siamo trasferiti in Svizzera con le mie due sorelle, mia madre e mio padre. Un’altra mia sorella era già sposata ed è rimasta in Bosnia. Uscivamo a giocare con gli altri bambini, ma non si poteva come oggi. Appena sentivi le sirene dovevi scappare perchè annunciavano un bombardamento. Avevamo un nascondiglio e ci nascondevamo dentro un bunker sperando che andasse tutto bene. Mostar era divisa a metà, fra bosniaci e croati. Si cercava di vivere così. Durante la guerra è stato molto difficile, a lasciare la Bosnia sono stati in tanti e non sono più tornati nel proprio paese. La mia terra oggi? Adesso è molto cambiata. I miei genitori vivono di nuovo in Bosnia. Quando il calcio me lo permette provo ad andare per trovare la mia famiglia. Quanto ti cambia la guerra? Molto. Apprezzi molto di più quello che hai. La guerra è stata bruttissima ma mi ha fatto capire cosa significa non avere niente. Cercherò di far capire ai giovani e ai miei figli ad apprezzare quello che abbiamo oggi”.

Il calcio

“Ho partecipato a diversi tornei dopo la guerra. Il calcio e il pallone era sempre presente, anche durante i conflitti in Bosnia. Non si giocava sull’erba come facciamo noi oggi, ma su strada, sul cemento. Il pallone però c’era sempre, era la mia libertà in quel momento. Poter giocare in tranquillità e non aver paura era bello”.

La Svizzera

“Anche in Svizzera è stato un periodo molto duro. Pero per quello che abbiamo oggi dobbiamo ringraziare quel paese. Noi dormivamo tutti e cinque nella stessa camera e speravamo di poter rimanere. C’era sempre questa paura di doversene andare qualche mese dopo. Fortunatamente alla fine siamo riusciti a restare e quella è diventata la mia seconda casa”.

26 maggio

“Sono state emozioni infinite. Queste finali sono particolari. Vedendo la partita, i giocatori che erano da un paio di anni qua, come Ledesma e Mauri, si leggeva benissimo nei loro occhi quanto pesasse. Io non sentivo quella pressione così tanto. Oggi invece lo so cos’è e lo sento. Diciamo che in quel giorno mi ha aiutato perché non ero così nervoso come altri. Per fortuna è andata così. Il derby è sempre una cosa molto bella e particolare soprattutto qui a Roma”.

La famiglia

“Avere una figlia o un figlio tra le braccia è una cosa unica. Poco dopo quella finale è nata Lea ed è stata una gioia immensa. Oggi ne ho tre, devo ringraziare soprattutto mia moglie Sandra che li fa crescere e gli insegna la strada giusta. Io geloso come papà? Tutti sono gelosi, questo è normale. Però la vita è così, se loro stanno bene stiamo bene anche noi. Con le figlie femmine si instaura un rapporto particolare. Nel 2017 è nato lui. Lea ci piaceva e volevamo continuare con la lettera L, così abbiamo deciso di chiamarlo così. Assomiglia più a me che a Sandra di carattere. Ha tanta energia, odia perdere e vuole sempre vincere. Lea più a mamma”.

Supercoppa 2017

“Una serata straordinaria. Quando vinci è sempre bellissimo, poi sono orgoglioso di aver scambiato il gagliardetto con Buffon, uno che prima guardavo solo in tv. Poter alzare una coppa davanti a tutti quei campioni, è stato bello ed anche molto divertente. Bisogna sempre divertirsi in campo, questa è la strada che abbiamo imboccato negli ultimi anni. Quando ci sono queste partite ci siamo sempre stati. Avere tutta la gente a Formello che ti aspetta e condividere la propria gioia con loro è una cosa bellissima che ti rimane per tutta la vita”.

Parolo e Radu

“Stefan è timido davanti alle telecamere, però in palestra e nello spogliatoio ti diverte e ti fa stare bene. Ci conosciamo dall’inizio con lui, con Marco un po’ di meno ma sempre da tanto. Siamo i vecchietti dello spogliatoio e si è creato davvero un bel rapporto. Stefan ti dice sempre quello che pensa, che sia positivo o negativo. Lui è diretto ma al tempo stesso divertente. Un aneddoto bello? Ce ne sono tantissimi. Marco è uno diplomatico, quando c’è qualcosa che non capisci, lui è un punto di riferimento per tutti, soprattutto per i ragazzi stranieri. Ti spiega tutto, lo soprannominiamo il professore, il commercialista, tutto. Anche con lui si è creato un rapporto bellissimo”.

Decennio Lazio

“Sono passati velocissimi. Siamo arrivati qui e adesso abbiamo una famiglia con tre figli. Il tempo vola e noi siamo cambiati. Abbiamo un altro senso della vita. Il mio senso della vita? Ho vissuto tanto e sono ancora giovane. Difficile spiegarlo quando vedi tante cose brutte e belle. Cercherò di trasmettere tutto il mio bagaglio ai miei figli insieme a mia moglie”.

Riyad

“Quando ho segnato avevo qualcosa da farmi perdonare perchè l’1-1 della Juventus era colpa mia. Quindi è stato bello poter segnare e riportare sopra la squadra. Ci eravamo preparati tantissimo e tenevamo molto a quella partita. Vincere è una soddisfazione a quanto fatto durante tutto l’anno. Abbiamo battuto la Juventus due volte in 14 giorni. Ci ha dato una consapevolezza importante, ci ha fatto sentire forti e ci ha fatto credere in quello che facevamo”.

La cucina

“Giocondo (il cuoco ndr.) è una persona speciale, dopo dieci anni si è creato un rapporto. Poi è un avversario molto tosto quando si fanno le partite di biliardo. Per noi è diventato un amico, ed è bello averlo qui con noi. Se mi prepara un piatto preferito? Sono un ragazzo semplice, quello che c’è mangio. Ogni tanto gli dico che deve smettere di cucinare tanti piatti diversi per tutti. Tutto quello che fa è buonissimo, quindi non ho preferenze”.

La moglie Sandra

“Ci siamo conosciuti 15 anni fa a una grigliata fra amici. Da quel giorno ci siamo visti e frequentati. Mi son fatto dare il suo numero da un amico e gli ho scritto io il primo messaggio. Non mi ha risposto subito e pensavo non fosse interessata, invece era una sua strategia per farmi aspettare. Che cos’ha Sandra in più delle altre? Non è semplice trovare una donna rara come lei per noi calciatori non è facile. Io ho conosciuto Sandra prima di diventarlo, grazie a lei sono diventato quello che sono oggi. Grazie a lei sono andato a Bellinzona a giocare con Petkovic“.

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