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Dall’aneddoto su Di Canio a Gabbo, De Silvestri si racconta a 360°: “Legato completamente alla Lazio”

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LORENZO DE SILVESTRI TORINO LAZIO – Sessantanove presenze e due reti con la Lazio, con un presente al Torino, di cui è terzino. Domani, la sua squadra del cuore e quella per cui gioca si sfideranno nel posticipo della trentacinquesima giornata di campionato: una gara non come le altre per Lorenzo De Silvestri, che sulle pagine de Il Messaggero si è raccontato a 360 gradi.

LAZIO – “Sono passati tanti anni, purtroppo. È rimasto solo Radu dai tempi in cui ero lì. Però ricordo con piacere i magazzinieri, il team manager Maurizio Manzini. Sarà piacevole, anche se ora sono abituato ad affrontarla, la Lazio. Sono del Toro e vogliamo fare una grande partita”.

RICORDI – “Non dimentico l’esordio in Serie A, il debutto in Champions, il primo derby a 19 anni, l’inno e poi lo stadio Olimpico. Un grande teatro, mi sentivo osservato. Quando guardo le foto ancora ricordo l’odore del prato. Mi immagino ragazzino, arrivato in ritardo a giocare a calcio, perché mio padre non amava il pallone e mi ha fatto fare sempre altri sport. Sci di fondo, ginnastica. Gli ho rotto talmente tanto le scatole che a 12 anni mi ha iscritto alla Romulea, aiutato anche da mio nonno, da mia mamma… Però mi disse: “Farai anche atletica”. Così facevo tre volte calcio e tre volte atletica in una settimana. Ecco, fino ad allora a calcio giocavo giusto a scuola. Dopo l’anno alla Romulea, sono passato alla Lazio e ho volato nella trafila. È stata un’evoluzione di emozioni. Ritrovarmi subito nello spogliatoio, con Di Canio, Rocchi e ragazzi molto più scaltri di me, è stato particolare. Poi ho un aneddoto…”

DI CANIO – “Se ho questa pettinatura, con i capelli molto corti, lo devo a Di Canio. A 17 anni avevo un taglio alla pariolina e ne andavo molto fiero. Ecco la scena: primo ritiro con la prima squadra, pausa tra un allenamento e un altro, apro gli occhi e mi ritrovo davanti Di Canio, petto nudo e macchinetta per tagliare i capelli in mano. Dice: “Questo è un rito di iniziazione, tu sei della Primavera” e, zum!, mi azzera i capelli solo nella striscia centrale della testa. Mi ha lasciato così. Cosa gli vuoi dire a Di Canio, faceva quasi paura… Poi, per fortuna, me li ha tagliati tutti e da allora li porto a zero”

ADDIO ALLA LAZIO – “A volte nel calcio bisogna prendere decisioni in pochi giorni, si è giovani, non si ha la maturità. Io volevo giocare e mi sentivo messo un poco da parte. È andata cosi. Ammetto di non essere stato pronto, però sono contento lo stesso. Andar via da casa mi ha fatto diventare un uomo”.

ALLA ROMA – “Io sono legato completamente alla Lazio. Se penso a Roma, penso alla Lazio. Me lo dicevano eccome, che ero della Roma, specie quando le cose andavano male… E un discorso puerile. Mio padre era della Roma, guardava le partite, certo. Invece io ho fatto talmente tanti altri sport che non andavo nemmeno allo stadio. Per me il calcio non era centrale»

NAZIONALE – “Io ci penso ancora. Quando sto bene, posso dire la mia. Non è un discorso legato ai giovani o ai meno giovani. Lo confesso: il primo pensiero va all’infortunio. Avevo convinto il ct Conte. Ero titolare, ma nella partita contro la Croazia mi sono rotto crociato e menisco. Ho cercato di recuperare in fretta, forse troppo, e ho avuto qualche problema nella stagione successiva. È stato un momento complesso, anche se me ne sono accorto solo dopo averlo superato. È stata una crescita. La famiglia mi è stata vicina.”

SANDRI – “Ci conoscevamo, era un ragazzo come tutti. Adesso mi fa piacere frequentare i genitori e sono stato di recente nel negozio del padre. Non è stato facile a quei tempi, perché hanno cercato di strumentalizzarmi: mi chiamavano tutte le trasmissioni e io rifiutavo. È bello ricordarlo sempre”.

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