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Maestrelli: “La Lazialità ti entra dentro, vi racconto di mio padre”

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MAESTRELLI LAZIO INTERVISTA RASSEGNA STAMPA – Massimo Maestrelli, figlio dell’eroe dello Scudetto 1974, parla di suo padre e racconta un aneddoto su Alberto Bigon e di tutta la Lazio di quel tempo. Di seguito la sua intervista con Il Messaggero.

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Le parole di Maestrelli

“Di emozioni ne sto vivendo ogni giorno, in grandi quantità, da almeno due mesi. Sembra quasi che babbo sia ancora vivo, tanto riesco a ricevere e a trasmettere alla gente che mi parla, mi cerca e mi abbraccia”.

Su Bigon

“Sto girando un film sulla vita di mio padre, dalla guerra fino alla sua scomparsa (uscirà a ottobre, ndr) e così telefono ad Alberto Bigon, che giocava nel Foggia ma che poi ha vinto lo scudetto a Napoli con Maradona. L’ho invitato a casa, a mangiare con i miei figli e i miei nipoti: ebbene, si è messo a piangere, tanto gli batteva il cuore. La lazialità ti entra dentro e ti travolge, è un sentimento unico. Bigon arrivò qualche anno dopo, nonostante mio padre non ci fosse più: non potevo chiudere senza giocare nella squadra di Maestrelli, mi ha ricordato in questi giorni”. 

Il ricordo dello Scudetto

“Ha creato un sogno e lo ha trasformato in realtà e poi in un mito. In giro mi abbracciano e mi dicono: per noi vale come se tu fossi Tommaso. A volte mi domando come sia stato possibile e oggi ho una risposta che non deve essere riduttiva: le morti di tutti quei giocatori, oltre a quella di mio babbo, e le altre disgrazie hanno spinto la Lazio nella memoria di tutti”.

Sui rifiuti a Juventus e Nazionale

“Gli disse che non avrebbe mai potuto abbandonare la barca biancoceleste, tra l’altro finita in cattive acque. Se la Lazio non avesse avuto problemi, forse avrebbe accettato di guidare la Nazionale dopo Valcareggi e i Mondiali del ’74, quelli del famoso gestaccio di Chinaglia”.

Un aneddoto su Chinaglia

“Negli spogliatoi, davanti a lui, sbucciò un limone e gli disse: mangialo, tutto intero, e vai a giocare. La Lazio riuscì a vincere, Giorgio segnò una doppietta e si innamorò del suo allenatore. Tanto era animale in campo, tanto era dolce nella vita”.

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