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Addio a Gigi Riva, signore del calcio con la Sardegna nel cuore

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Gigi Riva e Roberto Baggio.

GIGI RIVA- Poche terre, come la Sardegna, hanno un legame con la terra così intenso. Primordiale. Sincero. Oggi meta di turisti che si godono le meraviglie marine dell’Isola, la Sardegna è molto di più.
Essa è profumo di mirto, è orgoglioso vanto della vita complicata dell’interno, è la vita scandita dal calore scottante del sole. Gigi Riva lo sapeva e ha legato le sue straordinarie imprese sportive alla misteriosa e romantica Sardegna. Riscoperta dall’Italia e dagli italiani grazie a Rombo di Tuono, un signore, un “archeologo” del calcio.

Gigi Riva , l’ “archeologo” del calcio

Un giocatore emblema di un mondo che non esiste più. Non solo dal punto di vista calcistico, ma anche storico e sociale.

Gigi Riva, dopo l’avvio di carriera al Legnano, si trasferisce a Cagliari. Diventando un simbolo della squadra, della città e della Sardegna, dal 1963 al 1977. Ma non solo. Perché, dopo il ritiro, consacrerà la città come la sua casa, innamorato dei colori, della calma e dell’indole della Sardegna e dei Sardi. Non se ne andrà mai.
Considerato tra gli attaccanti più forti di tutti i tempi, “Rombo di Tuono” ha vinto lo Scudetto con il Cagliari nel 1970, dopo aver portato gli isolani anche alla prima storica promozione in Serie A.

Top scorer della Nazionale Italiana con 35 gol in 42 presenze, i suoi silenzi e il suo essere una star completamente anomala lo consegnano alla storia come uno dei più amati calciatori di tutti i tempi.

La scelta della Sardegna

Perché archeologo? Di professione l’archeologo studia il passato. Nella terra. Tra la polvere. Scoprendo ciò che è nascosto, che aspetta di tornare a vivere. Così ha fatto Gigi Riva. Dopo un impatto non facilissimo con la Sardegna, terra ancora poco connessa all’Italia continentale, l’attaccante trova nell’Isola se stesso.

La Sardegna diventa parte del suo cuore: “Ci chiamavano pecorai, e ci caricavano”. Porta il Cagliari in A, vince la A con il Cagliari, diventando un vero e proprio simbolo di una terra orgogliosa e difficile.
Diventa uno dei Giganti, uno di quelli che ha reso Lu Brandali un sito unico al mondo. Diventa uno degli Shardana e non è difficile immaginarlo camminare silenzioso nella splendida e misteriosa Barumini.
Diventa anche parte di un popolo che è cresciuto e cresce tuttora arso dal sole, temprato dalla polvere di una terra aspra ma generosa.

Gigi Riva diventa un vero e proprio archeologo sociale della Sardegna. La sua presenza spingerà l’Isola sulle prime pagine dei giornali dell’epoca, favorendo i primi flussi turistici e la prima vera interazione di massa tra continente e popolo sardo.

Lo chiamò la Juve, perché l’Avvocato si era innamorato di lui. La rifiutò, perché lui era innamorato della Sardegna.
Avrebbe potuto avere il mondo. Ha deciso che il suo mondo ce l’aveva già, tra le acque cristalline, le spiagge dorate, la campagna, la macchia mediterranea e le rocce chiare della Sardegna.

Di Gigi Riva calciatore non serve dire niente. Implacabile, fortissimo, tecnico e intelligente. Di lui vogliamo sottolineare come sia stato in grado di sentirsi adottato da un luogo e da una gente, che non abbandonerà mai. Riscoprendo un calcio che non esiste più.
Non è questo, in fondo, che fanno gli archeologi?

Riva Este Omine Valente.

Da tutta la redazione le più sentite condoglianze.

Martino Cardani

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