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VOJISLAV DRAGOVIC su Serbia-Albania: “La sicurezza allo stadio non è stata trascurata: poteva andare peggio”

L’ex portiere del Chievo svela poi: “Dodici anni fa la Lazio voleva prendermi ed era tutto fatto, ma…”

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NOTIZIE LAZIO – C’è poco calcio in quello che è successo ieri sera durante Serbia-Albania. A distanza di poche ore l’ex portiere serbo del Chievo Verona Vojislav Dragovic, intervenuto ai microfoni di Radio IES, racconta cosa è successo allo Stadio di Belgrado: “Ieri ero allo stadio accompagnato da alcuni ospiti Italiani. All’inizio l’atmosfera era straordinaria, stadio caldo e passionalmente unito come raramente si vede in Serbia. Fino a quel maledetto quarantesimo minuto. Era una partita ad alto rischio l’organizzazione era tutto sommato adeguata. C’era tantissima polizia e la sicurezza non è stata trascurata nella preparazione alla partita. E’ anche vero che lo stadio del Partizan è stato costruito 70 anni fa, è vecchio e ci sono poche uscite, così come bisogna dire che forse c’erano più tifosi della capienza. Poteva andare peggio. Tutto nasce dalla provocazione di quel drone, chissà come sarebbe finita senza questo episodio. La bandiera della ‘Grande Albania’ portata da quel drone rappresenta un’offesa e una provocazione per tutti. Mitrovic l’ha afferrata senza nessun gesto offensivo, non l’ha gettata a terra, voleva solo toglierla di mezzo per riprendere la gara e da lì invece è nato tutto. I giocatori albanesi non si sentivano più sicuri nel proseguire la partita nonostante noi volessimo riprendere. Non so se il drone sia stato realmente pilotato da Orfi Rama come hanno riportato i media serbi. Certo è che parliamo del fratello del primo ministro albanese e prima di far uscire una notizia simile in questi casi c’è moltissima attenzione quindi non può essere tutto inventato. E’ un’accusa troppo grave per non essere fondata.

Sugli scenari possibili
“Ora ci sono 3 soluzioni possibili. La sconfitta a tavolino della Serbia per non aver saputo organizzare l’evento, la sconfitta dell’Albania per il drone e quello che è successo dopo. Oppure ripetere la gara con la possibilità anche del campo neutro. Nei giorni precedenti alla partita nessuno parlava di cose extra calcistiche. Si parlava solo della gara che per noi era importantissima. Non c’è stato nessun accenno alla politica. Anche lo stadio era tutto unito senza nessuna divisione. Ora c’è molta delusione perchè si rischia di perdere la partita senza averla giocata. Il ritorno in Albania sicuramente non sarà bello però qualsiasi sia la decisione della Uefa separiamo il calcio dalla politica. Questo conflitto ha già provocato troppe morti. Se la politica si mescola con il campo si corre il rischio di scivolare nuovamente in vecchi conflitti”.

 Sul suo trasferimento sfumato alla Lazio
“Conclusa l’esperienza con il Chievo – 12 anni fa – il mio procuratore mi portò a Roma. Mi allenai con la Lazio e mi dissero che erano contenti di me, volevano prendermi ed era tutto fatto. C’era soltanto un problema. La società era in bancarotta e non si potevano effettuare materialmente tesseramenti. Sono rimasto qualche giorno ad allenarmi a Formello poi mi sono stancato e sono tornato in Serbia. Sono contento che Djordjevic sia arrivato alla Lazio. Spero che possa regalare tantissime soddisfazione ai tifosi biancocelesti. Lui è fortissimo fisicamente e poi vede la porta come pochi altri. Il goal per un attaccante è tutto il resto non conta. Ha fatto molto bene in Francia sono sicuro che si confermerà anche in Italia. La sua struttura fisica mi ricorda molto quella del primo Darko Kovacevic quando giocava in Spagna”

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