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I due papi di Formello

IL TEMPO (D. Palizzotto) – Possibile avere due allenatori ma ritrovarsi in panchina il tecnico della Primavera? Possibile, ma solo per la Lazio…

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(Getty Images)

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RASSEGNA STAMPA SS LAZIO – A due giorni dalla ripresa del campionato, ma soprattutto 13 giorni dopo l’ultima partita giocata. Da una parte c’è Vladimir Petkovic, sostanzialmente esonerato ma formalmente ancora alla guida della Lazio; dall’altra Edy Reja, richiamato da ormai una settimana per risollevare le malandate sorti biancocelesti e accolto ieri a Formello dai tifosi, ma ancora senza la certezza di poter sedere sulla panchina dello stadio Olimpico lunedì pomeriggio per la sfida contro l’Inter, guarda caso l’ultima avversaria del tecnico goriziano nella passata esperienza romana. Sembra incredibile, ma è tutto vero. Perché, come ormai è noto, per tesserare Reja la Lazio deve esonerare Petkovic. E per esonerare Petkovic il presidente Lotito deve sborsare circa 900mila euro. Cifra che il patron biancoceleste preferirebbe trattenere nelle proprie tasche. Accusandolo di aver firmato un accordo con la federazione svizzera senza avvertire la Lazio, Lotito ha sospeso Petkovic con una lettera di contestazione formale, alla quale due giorni fa il tecnico ha risposto punto su punto. Il risultato? Un confronto imprevisto, deciso giovedì sera e andato in scena ieri pomeriggio a Villa San Sebastiano, residenza capitolina del presidente biancoceleste. Presenti all’incontro, durato oltre tre ore, Petkovic con l’avvocato Paco D’Onofrio, Manicone, Rongoni, il legale della Lazio Gian Michele Gentile e il consigliere Marco Moschini, mentre Lotito è rimasto a Cortina. Fumata grigia e trattativa rinviata a questa mattina. Ma per la Lazio i tempi sono stretti, il settore tecnico della Federcalcio aspetta fino a oggi pomeriggio, dunque la società biancoceleste deve risolvere la situazione se vuole tesserare Reja e presentarlo in panchina lunedì pomeriggio. Dunque con Petkovic sarà risoluzione consensuale oppure esonero, con successiva causa davanti al giudice del lavoro per valutare la fondatezza o meno della “giusta causa” invocata dalla Lazio, come sostiene Il Tempo.

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