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SCALONI: «Guardare avanti e cercare la vittoria come se fosse l’ultima partita, questa la ricetta per stare lassù»

Il difensore argentino è stato grande protagonista del derby vinto

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 SCALONI: «Guardare avanti e cercare la vittoria come se fosse l’ultima partita, questa la ricetta per stare lassù»

Il difensore argentino è stato grande protagonista del derby vinto

(getty images)

Nel derby ha lottato come un leone, tanto che non è riuscito a finire la gara perché Bergonzi lo ha buttato fuori nel finale per doppia ammonizione. Tuttavia, il popolo biancoceleste ha riconosciuto a Lionel Scaloni i meriti per una prestazione maiuscola e lo ha votato come migliore in campo nella stracittadina sulla pagina facebook della Lazio: «Per me è una sorpresa perché non sono stato determinante come altri, tipo Mauri o Hernanes, ma sono contento per la prestazione dopo tanto tanto che sono stato senza giocare e perché è stata nel derby», dice il difensore ai microfoni di Lazio Style Radio.

E non è stata una gara facile da affrontare: «E’ stata dura perché loro anche in 10 hanno un modo di giocare diverso da quello degli altri e quindi dovevamo stare concentrati in difesa perché potevano sempre fare gol. Abbiamo fatto un buon lavoro»

Cosa hai pensato quando Hernanes si è divorato quel gol in contropiede? «Volevo fare 30 metri andare da lui e dargli una svegliata. Era la palla del 3-1, una palla facile, ma penso che era un po’ stanco in quel momento». Invece più di trenta metri li hai fatti per andare a chiedere l’espulsione di Stekelenburg: «Vedevo l’arbitro dubbioso, non lo vedevo convinto, è un arbitro che fischia e poi si prende un attimo per vedere…L’avevo visto in altre partite e lo stesso ha fatto con me nel primo giallo con Borini. Lui ha fischiato e poi è venuto lì e non sapeva se era a favore o contro. Allora sono andata perché lo fanno tutte le squadre tranne la nostra. Ho fatto una corsa veloce veramente»

Cosa pensi della regola che assegna rigore, espulsione al portiere e squalifica? «Per il portiere non è una cosa bella perché loro hanno poca possibilità di fermarti, penso che rigore e giallo basterebbero, ma la regola è chiara. Se la cambiano a partire da adesso va bene…»

C’è chi parla di scudetto vedendo quello che sta facendo la Lazio; voi ne parlare? «Sì ieri abbiamo  parlato della partita e di quello che viene. Siamo coscienti della posizione privilegiata in classifica in cui siamo. Dobbiamo guardare avanti per affrontare meglio le partite, non guardare dietro avendo paura per le squadre che possono raggiungerci. Siamo forti e non siamo inferiori a nessuno».

Il derby è stata la prestazione più bella della tua carriera? «E’ stata bella, ma ho giocato altre partite anche con più responsabilità in difesa, ho fatto partite migliori».

Quanto è difficile farsi trovare pronti quando si gioca poco? «Quello è il difficile, il ritmo partita. Io mi alleno sempre, non mi sono mai fermato in nove mesi di stagione. Ma quando devi giocare il ritmo non è lo stesso, dopo 40 minuti lo senti sulle gambe. A 34 anni non è facile trovare il ritmo, a 20 anni è diverso. Uno deve giocare più spesso per trovare il ritmo».

Domenica non ci sarai per squalifica, ti pesa? «Mi pesa molto perché ho giocato con la Fiorentina, poi il derby e questa sarebbe stata la terza e era importante. Ma c’è stata l’espulsione: il secondo giallo poteva anche starci, non posso dire niente».

Hai detto che quello appena passato potrebbe essere il tuo ultimo derby, ma ieri hai detto ai tifosi presenti a Formello che resti: «A livello di contratto è il mio ultimo derby perché sono in scadenza e se non succede niente di diverso è l’ultimo. Sto pensando di continuare la carriera da un’altra parte. Mi piacerebbe rimanere ma non decido io».

Ora che il derby è passato, puoi raccontare qualche aneddoto del prima e del dopo? «Per il pre derby, mi piace essere sempre uguale, l’atteggiamento è sempre uguale sia che giochi con il Catania che con la Roma. Poi i tifosi vengono e ti dicono che devi vincere e se ti metti dalla loro parte ti pesa questa partita. Noi eravamo concentrati, ma senza quella pressione. Poi dopo siamo andati sotto la curva a saltare, ma io ero morto, mi facevano male gambe, mentre Diakitè che ha giocato solo 10 minuti mi ha spinto lì sotto. Ma vedere la curva piena è stato bello, era la prima volta che festeggiavo qualcosa alla Lazio. Come sono i tifosi? Non possiamo dire niente di negativo, con noi si stanno comportando bene, stanno sempre con la squadra, tifano sempre, è una tifoseria calda. Per noi è importante quando si gioca all’Olimpico che sono tanti perché è uno stadio grosso e se sono ventimila sembra che è vuoto».

Ti piacerebbe restare come dirigente? «Quella è una cosa che la società mi ha detto da tempo, però io ho nella testa ancora il calcio, mi piace tanto e voglio giocare altri due tre anni. Mi sento bene ora, ma quando finisco troverò posto in una società, se sarà qua bene. Se potrei fare l’allenatore? Già ho fatto il primo corso, me ne manca uno. Qui in Italia devi smettere di giocare però, in Spagna no invece. L’idea è quella, non so se riuscirò a fare l’allenatore in una squadra grande. Mi piace molto insegnare ai ragazzi anche». Brocchi dice che non lo farebbe mai perché odia i ritiri; sono così massacranti? «Ogni anno si migliora, non si fanno quasi più. Non penso che un giocatore la sera prima della partita può andare in giro. Venti o trenta anni fa era diverso. Quando ero giovane i single andavano in ritiro giovedì sera anche quando si giocava di domenica perché il mister diceva che eravamo più a rischio».

Un tifoso su facebook chiede a Scaloni se un giorno si può fare un pranzo tifosi-squadra per mangiare tutti insieme il suo asado, ecco la riposta di Lionel: «Io aspetto solo che gli danno l’ok a loro per entrare. Il posto c’è ma non per più di cento».

Questa Lazio è come il Deportivo la Coruna con il quale hai vinto il titolo? «C’è una diferenza a livello di classifica, noi quando abbiamo vinto lo scudetto eravamo sempre primi e avevamo una squadra che non aveva in testa di vincere lo scudetto, ma volevamo vincere le partite per non farci raggiungere. Lo stesso deve fare ora la Lazio. Sono due grandi squadre, forse il Deport aveva 20 giocatori di livello internazionale e non abbiamo giocato mai infrasettimanali, mentre Real e Barcellona sì. Noi ora abbiamo avuto problemi con gli infortuni e le partite in mezzo alla settimana».

La Lazio è sempre lì per caso secondo i media, cosa ne pensi? «Questa è una questione di cultura del paese. Quando la Roma pareggia anche con 10 uomini loro avevano in testa di vincerla. La Lazio qualche anno fa questa partita non la vinceva, ora siamo cresciuti. Noi ora stiamo facendo un campionato straordinario ma non è una cosa strana. E’ vero che ci sono 6 o 7 squadre che possono lottare, ma è anche vero che se ti addormenti un po’ puoi ritrovarti al settimo e se fai bene al primo. Stiamo allo stesso livello delle altre».

La Lazio potrebbe ritrovarsi a 3 punti dalla Juve o comunque a sei dalla vetta: «Ora la classifica dice questo e sta a noi fare il massimo per vedere se possiamo fare meglio e raggiungere il secondo o il primo posto. Ma non bisogna addormentarsi perché ci sono Napoli e Udinese. Non mi piace pensare chi è favorito: noi stiamo lì e dobbiamo giocare come se ogni partita fosse la ultima».

Scaloni è stato allenato da Rossi, Ballardini e Reja. Cosa li accomuna e cosa li differenzia? «La tattica li accomuna, tutti e tre ci lavorano: nel calcio italiano c’è qualcosa che ti fa pensare a questo, contro chiunque giochi. Questi tre allenatori facevano lo stesso. Rossi era intelligente a preparare la partita, non cambiava mai modulo e ognuno sapeva cosa fare. Ballardini lo abbiamo avuto per poco, ma era una grande persona anche se il momento era difficile per la lazio, poi è venuto Reja e ha messo un’altra mentalità, un nuovo modulo che era perfetto per i giocatori che avevamo, il 3-5-2 con Lichtsteiner e Kolarov. Abbiamo fatto 3 mesi spettacolari e l’anno scorso anche abbiamo fatto bene. Ha cambiato modulo a seconda delle stagioni»

Quanto sei attaccato alla Lazio? «Io mi sono sempre portato qualcosa dai posti dove sono stato: da Mallorca la mia compagna, da Roma il mio figlio e il mio cane. La Lazio ha qualcosa che non so se le altre grandi ce l’hanno: è una famiglia, è difficile farlo capire. Qui ci troviamo bene, stiamo migliorando e oggi è un’altra società, molto più compatta. Parte del mio cuore sta qua, ma il mio grosso amore è alla Coruna dove sono stato dieci anni».

Nella tua carriera hai fatto tanti gol, alla Lazio nessuno: «Sì, qua non ne ho fatto nessuno. Dove sono stato ho sempre fatto gol, a parte al West Ham. Qui non ho mai giocato a centrocampo ma solo in difesa e mi sono trovato poco vicino alla porta. Sono abituato a festeggiare i gol, ma aspetto queste ultime partite e vediamo. Io sono cresciuto nella cultura di essere più offensivo, sono più contento se faccio un bel cross, ma anche se fai un intervento e salvi un gol è bello»

Il migliore in campo domenica? «Ledesma e Matuzalem, hanno giocato contro De Rossi, Pjanic e Simplicio e hanno fatto una bella partita. Poi Klose, anche se non fa gol è importantissimo, ti fa dei movimenti anche quando non ha la palla. Anche quando sei stanco e lo vedi correre pensi ‘io allora devo correre il doppio’; mi piace il suo atteggiamento, è un esempio per tutti».

Nella sfida casalinga contro il Milan hai fatto esordire Antonio Rozzi: «Sì, doveva entrare Rozzi ma il mister non sapeva se farlo entrare o no. Lulic aveva i crampi e il mister voleva far entrare me, ma gli ho detto di far entrare lui perché fare l’esordio in una partita del genere di resta nella testa per sempre».

Si sente l’emozione per un derby? «Io ho giocato partite uguali o partite più pesanti come  il mondiale con l’Argentina, qua anche se sapevi che c’era una partita importante avevo più paura di come potevo trovarmi in campo dopo che sono stato fuori tanto. Ma a livello di pressioni no, a 34 anni non ci sta. Per un giovane può essere pesante, ma per uno di una certa età non è così»

Un ultimo pensiero sul futuro: «Il giorno che sarò allenatore dirò a tutti di allenarsi bene, andare a casa tranquilli per aver fatto il proprio lavoro. Poi c’è il mister che decide e non è facile, ma se fai le cose bene vai a casa tranquillo.»

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