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TARE: «HERNANES resta qui, PEREA come CAVANI»

IL CORRIERE DELLO SPORT (F. Patania) – Il diesse biancoceleste parla a 360° gradi del mondo LAZIO e aggiunge: «Il mio rimpianto maggiore? Non aver portato YILMAZ a Formello nel 2012, non quest’anno»…

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RASSEGNA STAMPA SS LAZIO –  Il Diesse della LAZIO IGLI TARE  ha rilasciato una lunga intervista a ‘Il Corriere dello Sport’. L’intervista, a firma di F. PATANIA, ha toccato molti punti e ha permesso a TARE di approfondire e spiegare anche alcune dinamiche di mercato. Queste uno stralcio delle sue parole.

La rimonta in Turchia per la svolta. Il campionato della Lazio ripartirà domenica a Bergamo?
«Guardo la crescita della squadra. Dobbiamo stare molto attenti a non dare alibi. Il gruppo è nato volutamente come un mix tra giocatori di grande esperienza e giovani che riteniamo abbiano le potenzialità per essere protagonisti di una stagione importante con la Lazio. Ci mancano due punti con il Sassuolo, sarebbero stati fondamentali, ma non dobbiamo trovare scuse. L’inizio è stato condizionato in due modi. Il primo legato ai tanti infortuni, strani per il momento della stagione, e il 70 per cento di questi ha colpito il reparto arretrato. Il secondo era legato alle problematiche del mercato. Vedi l’arrivo di Perea e di Berisha, l’infortunio di Felipe Anderson. Ci voleva tempo perché i nuovi si aggregassero. Da Bergamo in poi possiamo guardare con grande ottimismo. Nelle ultime due partite, con Trabzonspor e Fiorentina, si è vista la filosofia che abbiamo in mente. Gioco offensivo, pressing alto, squadra aggressiva e produttiva».

Champions ancora possibile o le tre di testa giocano un campionato a parte?
«Il campionato è molto lungo. Tra le sei-sette squadre che considero protagoniste partono avvantaggiate Roma e Inter perché non hanno l’impegno europeo. Anche la Fiorentina quest’anno sta avendo difficoltà. Le partite sono tante e i tempi di recupero stretti. La differenza la fanno lo stato di forma, gli infortuni, i risultati. Rispetto all’anno scorso, la Lazio ha una rosa molto più qualitativa, equilibrata, con tante scelte. In estate si parlava di attacco deficitario, ora abbiamo scoperto due giocatori interessanti come Perea e Keita. Era questa la chiave. Prima o poi bisogna avere il coraggio di puntare sui giovani. Attenzione, non ci sono giovani o anziani. Nella nostra filosofia ci sono giovani che sappiano giocare con la Lazio, crescendo all’interno con le dovute pressioni. Dovremo essere bravi a dargli il tempo giusto».

L’Europa League è un traguardo raggiungibile?
«La Lazio ha potenzialità per obiettivi anche più importanti dell’Europa League. Negli ultimi due anni, sempre nello stesso periodo (febbraio, marzo, aprile), abbiamo avuto infortuni a giocatori importanti per la nostra squadra. Spero che la ruota giri. Questa è una squadra che ha tutto per lottare sino in fondo in tre competizioni. Non a caso abbiamo scelto una squadra con 28 giocatori».

Quanto pesa essere nel mirino dell’Uefa? E cosa pensa delle discriminazioni razziali?
«E’ un fatto inevitabile che la Lazio non goda di buona fama, è compito nostro fare il più possibile per cambiare questa immagine. Io difendo i nostri tifosi, tanti buuu vengono interpretati come fatto razziale e non è così. Chi ha giocato in Italia lo sa. Noi abbiamo sei o sette giocatori di colore in squadra. Il problema è più ampio. Tocca tutto il calcio italiano. E’ arrivato il momento di una campagna importante a livello di Lega, Aic, Figc e media».

Eriksson, dopo lo scudetto, disse che avrebbe cambiato venti giocatori. Un successo come quello nel derby di Coppa Italia può togliere motivazioni?
«Capisco cosa voleva dire Eriksson, lavorando a Roma. Vivere qualcosa di importante come uno scudetto o una Coppa Italia entrata nella storia del derby romano a livello di euforia o mentalità è stato forse controproducente per l’approccio avuto in estate. I fatti lo hanno dimostrato. Non riguarda solo la squadra ma la tifoseria. E’ stato esagerato festeggiare così tanto perché una vittoria, anche se irripetibile, va vissuta per un breve periodo. Poi bisogna rientrare nel modo di pensare. E la Lazio deve raggiungere la prima fascia del campionato, cioè i primi tre posti».

Perea ha impressionato all’esordio. Lo aveva paragonato a Cavani. Potrà diventare forte come il Matador?
«Penso di sì. Ha tanti margini di miglioramento. Vedendolo ogni giorno a Formello mi ricorda il Cavani dei primi due anni a Palermo. Ha delle caratteristiche, per la sua altezza, fuori dalla norma. E’ un giocatore di grande velocità, ha buona tecnica in movimento, fondamentale per il suo gioco. Deve migliorare le due fasi si gioco e fare gol. Non dobbiamo aspettarci che diventi subito il capocannoniere del campionato. Deve continuare su questa strada».

Felipe Anderson è il più talentuoso che abbia mai preso?
«Felipe ha qualcosa fuori dal comune. Parlo di qualità tecniche e della sua velocità, l’arma migliore. E’ imprevedibile. Può giocare in tanti ruoli, tutti orientati alla fase offensiva. Deve aggiungere alla mentalità brasiliana quello che fa la differenza in Europa: giocare a ritmi alti e con aggressività. Potenzialmente può diventare uno dei più forti del campionato italiano. Sei mesi o un anno gli serviranno per fargli capire bene il calcio italiano. Non so se sarà il più bravo. Hernanes, dal punto di vista tecnica, è devastante. E anche Ederson ha qualità importanti».

In molti pensano. E’ arrivato Felipe Anderson perché partirà Hernanes. E’ vero?
«Chi lavora per un club deve pianificare il presente e il futuro. Felipe è arrivato perché abbiamo pensato di aggiungere qualcosa di differente e importante al nostro centrocampo. Mancava uno con la sua esplosività, questo è il motivo del suo arrivo. Cosa succederà domani nessuno lo sa. A gennaio lo volevamo perché arrivasse con sei mesi di anticipo e avesse il tempo di ambientarsi. Ma non sarebbe stato lui a dover tirare fuori le castagne dal fuoco. Ci sono esempi pericolosi, anche vicini a noi. Pompare il progetto giovani e poi vedere che non risponde alle aspettative è deleterio. Devi essere bravo a lavorare su strade parallele, creare il futuro senza trascurare gli obiettivi, I risultati sono fondamentali, la piazza è esigente».

Se Hernanes dice “parlerò di rinnovo dopo il Mondiale” non è un bel segnale. Vuole andare via o rinnoverete?
«Ogni volta in cui ho parlato con Hernanes o con il suo agente, mi ha dato la sensazione di trovarsi a casa sua. Sa cosa gli può dare la Lazio, cosa può avere a Roma. Per noi è fondamentale garantire a lui una squadra importante. Nella vita non si sa mai, può succedere di tutto, anche che un giorno possa andare da un’altra parte. Ma questo giorno è ancora lontano. Rinnovo vicino?  Non siamo vicini e neppure lontani»».

La Bild scrive. Klose vuole andare in Inghilterra. E’ vero?
«No. Ho dei rapporti chiari con Miro. E’ sempre stato diretto. Non abbiamo mai avuto un colloquio in cui mi dicesse cose del genere. L’abbiamo dimostrato nel passato con tanti giocatori anziani. Quando hanno dimostrato di essere importanti e utili, siamo stati sempre riconoscenti. Vale anche per Miro nel momento in cui volesse rimanere alla Lazio».

Rinnoverete il contratto?
«Lui è in un momento importante e delicato della carriera. Quando lo abbiamo acquistato, aveva degli obiettivi chiari. L’Europeo, il Mondiale con la Germania per il record, la Lazio. In età avanzata è fondamentale avere volontà e obiettivi, sia a livello familiare e professionale. Klose ha vinto tutto ciò che si può immaginare. Se ha la volontà di continuare a giocare in Italia, alla Lazio troverà la porta sempre aperta».

C’è il rischio che Klose parta a gennaio?
«No. A gennaio lo escludo in modo categorico».

A gennaio arriverà una punta? Girano tanti nomi.
«Non cercheremo nessun’altra punta. I nomi sono tutte fantasie».

 

Ad agosto ha parlato di un patto siglato con Petkovic.
«Il patto è questo: andiamo avanti insieme senza aver l’obbligo di sentirsi in difficoltà o di rispondere del contratto. Il suo lavoro è stato apprezzato e difeso dalla società, come lui ha apprezzato l’operato della società nei suoi confronti. Il suo rendimento è stato più che buono».

Sarà l’allenatore della Lazio anche in futuro?
«Siamo un po’ introversi ad affrontare certi argomenti. Anche nel caso di Reja non lo abbiamo messo in difficoltà, ne voleva parlare solo a campionato concluso. Certi rapporti vanno avanti come un matrimonio».

Petkovic è l’ideale per i giovani o potrebbe essere qui di passaggio e pensare alla Lazio come mezzo per fare carriera?
«E’ normale sia così per tutti. Non penso che una cosa dura per tutta la vita. Vale anche per me. Finché dura, dura. Ma dal mister non ho mai colto questo tipo di atteggiamento. Petkovic può essere l’allenatore ideale per la nuova Lazio, certamente. Perché no?».

Qual è l’ultimo salto di qualità che deve compiere la Lazio?
«La mentalità. Vedere ogni partita come se fosse la finale di Champions. Entrare in campo con il coltello tra i denti. Quando lo abbiamo fatto, abbiamo vinto con chiunque. Abbiamo perso la Champions per due anni di fila con l’Udinese non facendo punti con le cosiddette piccole squadre».

A gennaio un nuovo stopper considerando l’infortunio di Biava e la scadenza di Dias?
«A gennaio mancano due o tre mesi, ora non credo che avremo la necessità di intervenire. Ma faremo le nostre valutazioni più avanti, vedremo cosa succede».

Keita o Tounkara?
«Hanno un potenziale enorme. Devastante. Ma sono fondamentali gli equilibri fuori dal campo. Dobbiamo essere bravi, attenti a usare il bastone e la carota. Possono diventare fondamentali per la Lazio. Mi fa piacere che in questi primi due o tre mesi Keita sia cresciuto molto a livello mentale e fisico. Sta crescendo con i ritmi giusti».

Lotito ha definito Vinicius il nuovo Kolarov. E’ così forte?
«Ho grandi aspettative per Vinicius. Ne ho parlato poco, è giusto proteggerlo. Ha tutto per diventare un giocatore di altissimo livello. Velocità, tecnica, grandissimo piede. Deve imparare la fase difensiva, fondamentale in Italia. Petkovic è molto bravo a insegnargliela. Ha ottime prospettive».

E qual è il rimpianto?
«Yilmaz. Ma parlo di due anni fa, non di quest’estate. Sarebbe stato fondamentale».

Ha voglia di dire un’altra cosa?
«Sì. Mi farebbe piacere vedere lo stadio più pieno, che la gente vivesse la Lazio con maggiore attaccamento. Stiamo facendo tante iniziative. Vogliamo i tifosi vicino alla squadra. Pretendere giocatori di livello mondiali e poi trovare uno stadio vuoto non è piacevole, per gli stessi giocatori non è attraente avere 25 mila spettatori in uno stadio che può tenerne 70 mila. Il mondo Lazio deve migliorare tanto. Dalla nostra parte ci stiamo impegnando, cercando di fare il possibile e l’impossibile. Devono dare delle risposte anche i nostri tifosi. I 25 tifosi arrivati a Trabzon era doveroso ringraziarli. Lo abbiamo fatto regalando una maglia della Lazio e il biglietto gratis per la partita con l’Apollon. Siamo sensibili, speriamo che in tanti si possano riavvicinare».

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