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Di Canio: “Non rinnego le mie idee, ma sono cambiato”

NOTIZIE LAZIO – L’ex biancoceleste: “Voglio evitare le etichette”…

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NOTIZIE LAZIO – Personalità e sfrontatezza. Queste le caratteristiche di Paolo Di Canio che lo hanno sempre contraddistinto sia come giocatore che come uomo. Spesso considerato scomodo e fuori le righe, si dice cambiato dopo il licenziamento da Sky e la vicenda legata alla scritta “Dux” tatuata sul braccio. “Era ancora estate, indossavo una polo. C’è da girare un video promozionale. Se fossi stato in giacca e cravatta non sarebbe successo. Così va la vita”, c’è del dispiacere nelle parole dell’ex biancoceleste raccolte in una lunga intervista da il Corriere della Sera.

Qual è stata la reazione alla notizia? 

“Ci sono rimasto non male, peggio. Ho urlato. Non so neppure cosa sono i social network. Orgoglio ferito. Mi sono sentito un appestato. Avrei voluto reagire d’istinto”.

E sulle motivazioni di Sky? 

“Ho imparato a mettermi dalla parte degli altri, a ragionare con loro. C’è tanta gente che ha ogni diritto a sentirsi ferita dall’esibizione, per quanto non voluta, di quei tatuaggi. E un’azienda importante come Sky ha diritto a non vedersi associata a una simbologia che non condivide. Ma non era stata una mia scelta. E ancora oggi ne pago le conseguenze”. 

Ed ora?

“Non rinnego le mie idee. E la gente cambia. Io sono cambiato, non da ieri”.

E il 6 Gennaio 2005 cosa le ricorda?

“Il derby con la Roma. Il saluto romano sotto la curva Nord. È la cosa di cui mi più mi pento nella mia carriera. Quello è un ambito sportivo, è stupido fare un gesto politico che magari può essere condiviso da alcuni spettatori e amareggiarne molti altri. Non avrei mai dovuto farlo. Lo sport deve restare fuori da certe cose”. 

Lei è fascista?

“Preferirei evitare le etichette. Ho sempre spiegato come la penso, non è un mistero. Ma se mi chiede delle leggi razziali, dell’antisemitismo, dell’appoggio al nazismo, quelle sono cose che mi fanno ribrezzo. Ho creduto in una destra sociale, ho seguito le varie svolte da Fiuggi in poi. Non ho mai preso una tessera. Sono 17 anni che non voto”. 

Quando è nata l’idea del tatuaggio?

“Nel 2000, a Bologna. Giocavo in Inghilterra, ero convalescente da un infortunio. Per me Mussolini rappresentava un’idea di società con regole, vere, che tutti rispettano. L’amore e l’orgoglio patrio. Cose che vorrei per il mio Paese e non vedo neppure oggi”. 

Come nascono le sue idee? 

“Ammiravo Giorgio Almirante e la sua capacità oratoria. Nel 1987, quando giocavo nelle giovanili della Lazio, cominciai a frequentare in curva il gruppo degli Irriducibili, che aveva preso una certa impronta politica”. 

Cosa spera con quest’intervista? 

“Spero che mi venga data una possibilità. Far capire chi sono davvero, pregi e difetti, comunque ormai lontano da quelle foto con il braccio teso. Penso per primi ai reduci dai campi di concentramento che una volta ho incontrato in Campidoglio. E poi ai giovani che portano avanti le loro idee. Devono esserne fieri, purché rispettino quelle degli altri”.

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