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Morrison, la Lazio e il suo Godot. Sarà vana l’attesa dell’inglese?

L’esordio da titolare dell’ex Manchester United ancora non arriva, l’inglese resta un caso…

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Pubblicato il 2/10 alle 18.20

LAZIONEWS.EU – Waiting for Morrison, a voler citare Samuel Beckett. Così tanti critici nella storia della letturatura si sono interrogati su chi fosse quel Godot che non arrivava mai. La Lazio lo trova in Ravel, attesa eterna ed eterno incompreso. Lui ancora ad aspettare un’occasione da titolare, lei che l’inglese apprezzi il made in Italy. Tutti e due almeno un messaggio, che non renda vana l’attesa dell’ex Manchester United.

TITOLARE MAI – Per chi si cerca come noi, non è possibile. Tre presenze, mai dal primo minuto, e 54 giri d’orologio con la maglia della Lazio. Una sola apparizione in serie A, un tempo nella debacle col Chievo Verona. Meno di dieci minuti col Bayer Leverkusen, un fantasma nel finale della Supercoppa italiana. In Europa League non ha neanche esordito. Ma soprattutto cinque partite a guardare dalla panchina, per tre volte l’inglese non è stato convocato.  Una di queste, la prima europea con il Dnipro, lo scorso 17 settembre. Morrison contava nell’esordio in biancoceleste da titolare, poi un guaio muscolare all’adduttore lo ha costretto ad alzare bandiera bianca. Ma sembra che sia stato l’inglese stesso ad autoescludersi, quando ha capito che anche contro gli ucraini non sarebbe partito dal primo minuto. Un viaggio nella sua Inghilterra e le solite voci di un addio anticipato a bruciare come benzina sul fuoco. Con il Saint-Etienne l’ennesima speranza, stavolta tocca davvero a Ravel. “Well? Shall we go?” (E ora? Possiamo andare?) – si dicono Didi e Gogo, protagonisti nell’opera di Beckett – “Yes, let’s go” (Sì, andiamo). Aspettative deluse, ancora panchina, per novanta minuti. E l’indicazione scenica dice ironicamente,“They do not move” (Non si muovono).

QUESTIONE DI FEELING – La Lazio aspetta Morrison come il suo Godot, teme che arrivi un messaggero ad annunciare: “Stasera non verrà, ma verrà sicuramente domani”, un ritornello che rischia di essere infinito. Ravel aspetta fiducia, ha sempre bisogno di quella un giovane calciatore di soli 22 anni. Soprattutto un talento ribelle e controverso come lui. Se la società biancoceleste ha deciso di puntarci, nonostante il passato burrascoso dell’inglese, deve fare i conti anche con questo. Eppure, oltre il campo, sembrano ancora insormontabili i problemi di ambientamento. L’ex United a Roma, in Italia, non si trova ancora bene. Non si sente a casa sua, cerca pian piano di integrarsi con la squadra ma non è facile per lui. Si diverte a dribblare in allenamento il team manager Manzini, ogni tanto gli scappa un sorriso ma non è ancora abbastanza. La lingua più di tutto pare l’ostacolo, almeno così la pensa Pioli: “Ancora non ha imparato una parola di italiano”. Gli fa eco il ds Tare, risponde al vetriolo (salvo smentire) Morrison.

A GUERRA DI TWEET –“Non c’è bisogno di parlare molto sul campo, è il tuo calcio che parla per te”. Cinguetta sul suo attivissimo profilo Twitter, l’inglese. Precisa poi che uno come Tevez non ha mai parlato una parola di italiano, eppure guarda che traguardi alla Juventus. Era la vigilia della sfida con il Genoa, all’orizzonte un’altra panchina e le parole del tecnico biancoceleste piuttosto indigeste. Poi, alt, retromarcia. L’inglese giura che quei tweet non li ha scritti lui, li cancella prontamente e precisa: “Non volevano essere irrispettosi per nessuno. Ho rispetto per il mio allenatore e la mia squadra”. Questione risolta? Tant’è che Ravel aspetta ancora la sua chance da titolare, e la Lazio di poter contare su di lui. Dopo la vittoria dei compagni con il Saint-Etienne, un altro cinguettio tutto da decifrare: “Lost love”, Amore perduto. Certo se si riferisse ai biancocelesti non sarebbe neanche sbocciato.

ESISTE IL CASO MORRISON? – Secondo la società capitolina assolutamente no. Ravel ha bisogno di tempo ma la Lazio è pronta ad aspettare il suo Godot e a credere in lui. E d’altra parte si prende tempo essa stessa per dargli fiducia. Per Morrison dipende dagli umori, un giorno assicura di stare bene a Roma e di voler fare il meglio per la squadra, un altro sembra assolutamente alieno dal contesto biancoceleste. Le voci di un suo addio anticipato, senza che neanche il matrimonio si consumi, si rincorrono da tempo. Già in estate, prima del ritiro ad Auronzo di Cadore, la sensazione era che l’inglese potesse partire. Nostalgia canaglia di casa. Ora quelle stesse voci tornano più insistenti che mai, con l’Inghilterra a chiamare a gran voce e qualche club – come il Qpr – ancor di più. Waiting for Morrison, prima che sia troppo tardi, perché non sia vana l’attesa del talento inglese.

Giorgia Baldinacci

@GiorgiaVonB

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