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SAHA si racconta a 360°: la Lazio, la Serie A e il derby che “non si può paragonare a nulla”

L’attaccante francese, in riferimento alla stracittadina, aggiunge: “L’atmosfera è speciale perchè è una grandissima sfida. Ho disputato tantissimi derby ma quello di Roma è il massimo”…

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lazio-bologna SAHA

NOTIZIE SS LAZIO – Qualche giorno fa il sito della FIFA aveva pubblicato uno stralcio dell’intervista realizzata a Louis SAHA in merito alla sue esperienza alla LAZIO (CLICCA QUI PER LEGGERLA). Oggi il portale del massimo organo internazzionale ha pubblicato la restante parte della lunghissima chiacchierata avuta con la punta francese:

Come ti stai trovando alla Lazio?
Ci è voluto un po’ di tempo per trovare la forma fisica, i ritmi sono diversi. Anche gli allenamenti sono un po’ diversi, così mi ci è voluto tempo per ambientarsi. Ma lo spirito di gruppo è stato subito forte, tutti i compagni hanno dato il massimo per farmi sentire accettato. E’ normale, è sempre meglio quando giochi e segni, ma io sono felice lo stesso.

Com’è cambiato il tuo ruolo in campo?
Si vuole sempre giocare per tutta la partita, ma le cose sono un po’ cambiate. Il calcio è cambiato, così bisogna adattarsi e collaborare con gli altri attaccanti. Il mio ruolo è lo stesso, voglio sempre fare gol ma quando si invecchia è più dura.

Qual è la principale differenza tra la Serie A e la Premier League?
Ho sempre avuto in mente che sarebbe stato più difficile per un attaccante come me. Sono sempre stato abituato alla Premier League in cui i ruoli sono più liberi in campo per i giocatori. Il campionato italiano invece è molto più tattico e organizzato, non un ‘catenaccio’ come si usava chiamarlo qualche anno fa, ma è ancora molto difensivo tanto che l’attaccante si trova sempre di fronte due o tre difensori. In Inghilterra invece ci sono poche possibilità di trovarti uno contro uno e più chance di fare gol.

Che atmosfera c’è quando la Lazio gioca nel derby contro la Roma?
E’ fantastico, ho provato a paragonarlo a qualche derby inglese, ma l’atmosfera è speciale perchè è una grandissima sfida. Io ho avuto la possibilità di viverne alcuni in Inghilterra come Arsenal-Tottenham o Manchester United-City o ancora Everton-Liverpool. Ma quello di Roma è il massimo.

In quale club inglese ti sei trovato meglio?
Ho vissuto grandi momenti in ogni club per il quale ho giocato. Quando giochi per il Manchester ti aspetti di vincere sempre qualcosa e quello è stato un gran momento per me, ma mi è piaciuto molto anche giocare per Everton e Fulham. Ho avuto piccole soddisfazioni anche con Newcastle, Sunderland e Tottenham anche se con loro ho giocato poco ma ogni esperienza è stata grande perché io sono qui per godere il mio calcio e cercare di imparare da quelle esperienze.

Hai calcato alcuni dei più grandi stadi inglesei (St James’ Park, Stadium of Light, Old Trafford, Goodison Park), in quale di questi stadi il tifo è più caldo?
Sarebbe facile dire Old Trafford, ma quello in cui il pubblico è veramente il 12esimo uomo in campo è l’Everton. C’è sicuramente qualcosa di speciale lì. Godison sarebbe secondo in termini di numeri a Old Trafford.

Il Manchester Unitd ha festeggiato il 20° titolo e Ferguson sta andando in pensione. Ti ha allenato per 4 anni, cosa hai imparato da lui?
La prima lezione è la coerenza. Lui è un manager molto esigente, ma che cerca sempre di imparare. Fa giocare la squadra per esaltare la qualità. Qualunque cosa fai, sia che si tratta di un gol che di qualsiasi altra cosa, devi farla bene ogni settimana. Quando si vince un titolo, la cosa più difficile è quella di ripetersi il prossimo anno, lui è molto esigente, molto duro e cerca sempre di migliorarsi. Ferguson è anziano, ma ha ancora una mentalità da giovane. C’è qualcosa di speciale in lui.

Ryan Giggs è uno degli attaccanti più forti con cui hai giocato?
Si, sicuramente il migliore. Giggs è un esempio per tutti i calciatori, perchè ha desiderio e cultura del lavoro. Quando si ha la possibilità di lavorare con uno come lui è un privilegio.

Hai pubblicato un libro l’anno scorso (Thinking Inside the Box: Reflections on life as a Premier League footballer). Non molti calciatori lo fanno mentre sono ancora in attività. Quale è stato il tuo pensiero?
Il pensiero è stato quello di cercare di raccontare una storia normale di un giocatore che era stato molto aperto su tutto. Avendo giocato per alcuni club avevo delle esperienze da condividere. Ho pensato che fosse il momento migliore per pubblicare ma ora ho un altro capitolo della mia vita in Italia! Io sono una persona che è molto tranquilla e discreta, ma ho voluto condividere la mia esperienza con i ragazzi.

Se dovessi dare un consiglio a un giovane attaccante, cosa gli diresti?
Prima di tutto dovrebbe ascoltare i consigli e avere come obiettivo principale quello di migliorare sempre. Neanche a trent’anni si smette di imparare, per esempio guarda un giocatore come Ryan Giggs: corre, si sacrifica per la squadra e cerca ancora di migliorare. Serve questo talento per fare carriera.

La passione che nutri per il calcio emerge fortemente dalla tua biografia: cosa significa il calcio per te?
Significa tanto. Alcune persone hanno una visione sbagliata dei calciatori, specialmente di quelli più giovani, e del fatto che cresciamo come fossimo dei “ragazzi egoisti”. Non dico che in parte non sia vero, ma nel libro ho tentato di spiegare che ciò deriva dal fatto che, in questo mondo, devi imparare a proteggere te stesso. Qualcuno potrebbe vedere tale protezione come una forma di arroganza o di chiusura nei confronti degli altri, qualcosa cioè che ti identifica come un “cattivo ragazzo”, ma non è così. E’ solo che vanno così le cose se vuoi diventare un calciatore, devi comportarti così se vuoi proteggere te stesso. Così molte persone finiscono per interpretare male tutto questo. Ho provato a spiegare questa situazione nel mio libro.

Hai mai pensato a come vorrai trascorrere il tuo tempo una volta appesi gli scarpini al chiodo?
Ci ho pensato, ma non ne ho proprio idea. E’ difficile pensare ad altre cose, quando hai una passione smisurata per quello che stai facendo e per la vita legata al calcio. Diventare un dirigente o allenare i giovani sono due prospettive che mi piacciono molto, ci penserò sicuramente. Il calcio è la mia vita, devo scoprire qual è il miglior ruolo per me e le mie qualità. Non ritengo di sapere tutto, così avrò bisogno di tornare a scuola e d’imparare.

Cosa pensi che si possa fare per liberare il calcio dal razzismo?
Ci ho ragionato su quando abbiamo avuto un problema in tal senso qui alla Lazio e i nostri tifosi sono stati penalizzati per due gare casalinghe. Non credo che sia una buona soluzione per punire tale tipo di discriminazione. Allo stesso tempo, dovremmo invitare i tifosi ospiti. Non dovremmo solo vietare ai tifosi di casa di assistere alle partite, ma fare in modo sia come se si giocasse in trasferta. Questo sarebbe un provvedimento doloroso per chiunque ha permesso che qualcosa di brutto accadesse nel suo stadio.

Hai mai avuto problemi con il razzismo?
Sì e ho cercato di reagire nel modo migliore. Non è facile, perché è qualcosa di viscerale. Quando ti trovi in una situazione del genere, ovviamente è difficile agire nel modo più corretto. Se hai dei bambini, cerchi di crescerli secondo i principi più virtuosi. Devi essere sicuro che le persone che si trovino ad affontare tale situazione reagiscano nella maniera migliore. La gente non deve dire “non ho sentito nulla”, non è questo il modo per combattere qualcosa di sbagliato. Devi fare in modo che le persone imparino dai proprio errori: quando vedi che una persona sbaglia, devi opporti, così da permetterle di imparare l’errore. C’è solo un modo per combattere il razzismo, agire.

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