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Parolo: “Lotito è uno di parola. La partita con il Salisburgo…”

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LAZIO PAROLO INTERVISTA – Marco Parolo è stato ospite del podcast Dalla Politica alla Brace, in cui si è raccontato soffermandosi sulla sua carriera. Ha parlato anche e soprattutto della sua esperienza alla Lazio.

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Lazio, le dichiarazioni di Marco Parolo

“Le più grandi delusioni della mia carriera sono state la mancata qualificazione al Mondiale del 2018 e che con la Lazio abbiamo buttato via una semifinale di Europa League a Salisburgo. Non so come. Avevamo vinto 4-2 all’andata, facciamo gol al 60′, dovevamo prendere 4 gol per uscire e siamo riusciti a subirli in 15 minuti. Un black out che ho ancora qui. Io mi ricordo ancora in testa un movimento fatto a metà campo che se avessi fatto diversamente magari non ci avrebbe fatto prendere gol. Ce l’ho ancora in testa e stampato negli occhi. Sono l’unico centrocampista ad aver fatto quattro gol. Quando li ho fatti non me ne sono reso conto, perché pensavo ad allenarmi. Quando ho smesso ho messo insieme i dati e mi sono rivalutato perché da calciatore non te la godi tanto”.

Sul derby

“E’ stato bellissimo. Il primo mio derby nel 2015 a gennaio, il capitano Mauri ha organizzato una cena con alcuni tifosi. Avevo percepito che dovevamo vincere e il riscaldamento lo fai sotto la Nord con i capi ultrà intorno che ti trasmettono la voglia di vincere. Poi ti rendi conto che parlando con la gente, col tassista con chiunque. Quando c’è il derby la gente si trasforma. Per capire veramente Roma devi vivere il derby, devi entrare all’Olimpico e vivere la giornata nei due poli: la Roma e la Lazio. Quando lo vinci è bello”.

Sul derby da telecronista

“Il derby dello scorso anno? La postazione era sotto la Curva Nord. Quando i calciatori sono andati a festeggiare, nel ritorno mi hanno visto. Io avevo smesso a giugno e la partita si è giocata a settembre. Quando mi hanno visto mi sono corsi incotro. Quando è passato Sarri ho letto negli occhi la gioia e sapevo cosa stava provando perché era successo anche a me. Leiva mi ha visto e mi ha abbracciato. Anche adesso sono passati e mi hanno dato il cinque, ma memori dell’altra volta niente abbracci. Porto bene, poi loro sono anche un po’ scaramantici (ride, ndr)”

Riguardo il suo ritiro

“Finito con la Lazio, ho cercato squadra. Ma cercavo un progetto subito e non il 31 agosto, volevo essere considerato. Lavorare subito in tv mi affascinava. La cosa buffa è che mi hanno cercato per lavorare in tv il giorno di Bayern – Lazio, ottavo di ritorno di Champions. Il massimo della mia carriera da giocatore. Mi parlavano per giugno quando avrei smesso, ma quella partita ho fatto anche gol. Ho detto che non lo sapevo. E’ stata particolare, poi quando ho smesso a 36 anni e mezzo di più non potevo fare. Ho preferito finire e godermi la vita”.

Galliani e l’interesse del Milan

“Monza? No mi aveva cercato al Milan. Mi voleva dopo il primo anno alla Lazio quando ho fatto dieci gol. Aveva chiesto a Lotito di prendermi, ma il presidente disse:”Tutti tranne Parolo”. Il Milan aveva offerto 20 milioni e poi prese Bertolacci. Lotito in ritiro mi disse, me chiamano per tutti ma l’unica vera offerta me l’hanno fatta per te venti milioni. Io pensavo fosse una battuta. Ho chiamato pure il procuratore e mi ha detto che non c’è niente. Poi un mio compagno me lo confermo. Poi in un Milan – Lazio, Galliani me lo ha confermato. Io nato milanista devo dire che un po’ ci sono rimasto male, sarebbe stato bellissimo”.

Su Lotito

“Uno di parola: quando dice una cosa la fa. Se lui ti promette il rinnovo, poi lo fai. Non è facile farglielo promettere. Se le cose vanno bene, si lascia andare. Altrimenti lui cerca di comandare tanto. Figura aziendalista perché ha dovuto farla  dopo lo spalma debiti per mantenere la squadra con un certo bilancio. Non è presidente alla Moratti che butta il cuore e fa il passo più lungo della gamba perché dietro ha una potenza. Lotito lavora così e difficilmente cambia prospettiva. Molto particolare e ci tiene a curare il centro sportivo. Lui magari passava al centro sportivo a mezzanotte per vedere le cose e che tutto andasse bene. Uno che guarda il particolare, fa 350 mila cose al giorno. Ho avuto un ottimo rapporto, ma a parte l’ultimo anno che ho avuto un contrasto su un punto di vista. Su quelli se lui pensa che sei andato contro una sua idea, a quel punto se la prende. Non so se è permaloso, ma lui dà tanto ma a volte  due persone hanno punti di vista diversi ecco questo fa fatica ad accettarlo”.

Su Immobile

“Antonioli, Chiellini, Pirlo, Parolo e Immobile è la squadra da calcetto per vincere. Ciro ha bisogno di essere coccolato all’interno di una società e da tutto l’ambiente. A Torino lo ha fatto, a Siviglia e col Dortmund ha fatto fatica. In Nazionale non si è mai sentito amato. Anche a livello di stampa non è mai stato tutelato. Due errori ed è sempre colpa di Immobile. Alla Lazio fa 80 minuti in cui sbaglia tutto, ma poi fa gol e ti trascina. La gente alla Lazio lo capisce e lo incita sempre. Lui ha bisogno di sentire questo, anche perché è un leader e poi ti trascina. In allenamento prende sempre la porta e fa gol. In Nazionale era impressionante, faceva gol a tutti da Buffon a Donnarumma. Sono stato 4 anni in camera con lui. Bravissimo a giocare alla Playstation, con il Joystick era clamorosa a giocare a Formula1, non sbagliava una curva. Non ho mai capito come facesse. Io spesso mi facevo prendere dalla gara, lui restava sempre lucido. Questa lucidità e freddezza la rivedevo anche in campo e per questo ha fatto così tanto gol”. 

Su Klose

“Mi ha insegnato una frase: “Culo, culo, culo alla fine è un talento”. Se tre volte uno ha fortuna, forse è un talento anche quello. Lui rispettava il lavoro di tutti. Se c’era da raccogliere i palloni non si faceva problemi a farlo. Lui era un perfezionista. Un grande talento che, oltre a fisico e talento, anche di testa era un passo avanti”

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