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L’ex Nanni: “Somigliavo a Nedved. La Lazio? Nel 2005 cacciato per non aver eseguito gli ordini”

NOTIZIE LAZIO – Il campione d’Italia nel ’74: “Che emozione quel gol al derby…”

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NOTIZIE LAZIO – Parola agli uomini da derby, nelle due settimane che precedono una stracittadina importantissima per gli uomini di Pioli. Ai microfoni di Radiosei è intervenuto l’ex biancoceleste Franco Nanni, colui che decise la gara contro la Roma del 12 novembre 1972. “Dopo quel gol – ricorda – c’era chi mi malediceva e chi mi benediceva. Sentire tutto lo stadio che inneggiava il mio nome mi dava una carica incredibile“. Un pensiero va al derby del 3 aprile:“Prima si sentiva di più il derby, eravamo tutti giocatori italiani, ci tenevamo di più a fare bella figura nel nostro Paese. Contro questa Roma non me la giocherei a viso aperto, con i velocisti che hanno a disposizione possono farti male”

Il ricordo non può che andare al maestro, Tommaso Maestrelli: “Tommaso non era un uomo qualunque, aveva una bontà fuori dalla norma. La sua qualità maggiore era quella di riuscire a mettere a suo agio qualsiasi giocatore, qualsiasi problema avesse. Trasmetteva fiducia, energia e tranquillità. Chinaglia? Non voleva farmi battere i calci di punizione!Ma una volta segnai contro la Sampdoria. Da una parte lo capivo perché era il centravanti, era quello che doveva segnare di più. Ma in alcuni casi sarebbe stato meglio che tirassi io, proprio per permettere agli altri di segnare. Ma non c’era niente da fare. Io come Hernanes? No, penso più a Nedved, appena arrivava la palla io tiravo“.

Sulla Lazio attuale: “Patric? Si è visto poco, non posso dare un giudizio. Bisogna dargli tranquillità e fiducia affinché possa dimostrare il suo valore. Parolo? Mi piace, è uno che ha confidenza con il gol, mi dispiace che venga sacrificato per fare un gioco di contenimento“.

Un passato in biancoceleste anche nelle vesti di allenatore: “Nel 2005 mi chiamò la Lazio. Mi scelsero come coordinatore tecnico, dovevo visionare gli allenatori, valutarli e riferire alla società. Dovevo confrontarmi e dialogare con loro, un ruolo anche un po’ scomodo. La mia esperienza non serviva, ero stato anni alla Juventus, mi piace lavorare con i ragazzi, insegnargli la tecnica. Presi la guida della squadra degli Allievi Nazionali a metà novembre, ma a metà aprile mi riferirono che avrei dovuto far giocare sempre un ragazzo. Io mi opposi, io ero l’allenatore e io dovevo decidere. Il ragazzo era il terzo portiere. Non ricevetti risposte molto carine, ma la società mi disse di avere grandi progetti da sviluppare con me. Gli dissi che ne avremmo parlato a fine contratto. Il 28 luglio venni contattato e mi dissero che non rientravo più nei piani tecnici della Lazio. A quel punto sono io che scelsi di andarmene. Se avessi seguito gli ordini dall’alto, non ci sarebbero stati problemi…”.

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