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MILANETTO su LAZIO-GENOA: “Fu una partita regolare”
La prima intervista ad Omar Milanetto, dopo l’arresto in seguito all’inchiesta Calcioscommesse…
Su Panorama.it compare in esclusiva l’intervista ad Omar MILANETTO, il calciatore finito sulle prime pagine di tutti i giornali il 28 maggio scorso, il giorno del suo arresto nell’ambito dell’inchiesta cremonese Last Bet sul calcioscommesse.
Contro di lei ci sono accuse e testimonianze molto circostanziate anche su Lazio-Genoa 4-2 del 14 maggio 2011, uno degli episodi cardine dell’inchiesta.
“Falso. Io vengo tirato in ballo solamente da Carlo Gervasoni (uno dei «pentiti» dell’inchiesta di Cremona, ndr), persona che non conosco, e in modo ogni volta diverso: nel primo interrogatorio accenna alla partita ma non mi nomina neppure, nel secondo sostiene di aver appreso da terzi che io avrei incontrato alcuni esponenti della cosiddetta banda degli zingari, senza specificare quali. Solo a marzo inoltrato, quando già sui giornali erano uscite illazioni su di me, si ricorda – sempre per sentito dire – che avrei incontrato altri due presunti esponenti dell’organizzazione, Hristyan Ilievsky e Alessandro Zamperini. Entrambi hanno negato la circostanza, mentre Almir Gegic (presunto capo della cellula degli «zingari», ndr) dice di non conoscermi.”
Quella partita ebbe un andamento piuttosto strano e con un volume fuori norma di puntate azzeccate a Roma e dintorni nel primo pomeriggio del sabato, proprio nelle stesse ore in cui gli «zingari», secondo l’accusa, si muovevano tra il ritiro genoano e quello laziale. Lei era in campo: davvero non notò niente di strano?
“No. Fu una partita assolutamente regolare. Magari i ritmi erano un po’ bassi, ma è normale a fine stagione. Quanto ai movimenti, perché dovrei essere proprio io il colpevole?”
Cosa intende?
“Se mai questi «zingari» si sono davvero avvicinati al noistro albergo, ho le stesse probabilità di aver agganciato le loro celle di tutti gli altri: i miei compagni, i tecnici e i dirigenti. Perché per me dovrebbe essere diverso?”
Come spiega invece la sua presenza in un hotel di Milano, dove si trovavano anche alcuni degli «zingari» e molti altri indagati, proprio il giorno successivo?
“Ero lì per un addio al celibato, e questo spiega la presenza di molti altri calciatori. Quanto ai presunti capi dell’organizzazione, come abbiamo ricostruito mostrando i movimenti della mia cella telefonica e del telepass e i registri dell’albergo, solo uno di loro, Antonio Bellavista, si trovava lì in quel momento, e peraltro era lì da quattro giorni. Gli altri erano già ripartiti o dovevano ancora arrivare.”
Ma allora perché la accusano?
“Secondo me qualcuno é stato beccato con le mani nella marmellata e pur di non affondare del tutto ha voluto far credere che certi comportamenti siano generalizzati. Non c’è nessun contatto telefonico, sms, neppure un aggancio di celle con gli altri indagati: come avrei potuto parlare con loro, coi segnali di fumo?”
Insisto. Perché avrebbero tirato in ballo, tra gli altri, proprio lei?
“Non lo so. Ci ho pensato a lungo, ho riletto decine di volte l’ordinanza di custodia cautelare che mi riguarda, e ancora non capisco come e perché ci sono finito dentro. Posso solo ribadire che sono nel calcio da vent’anni e che ho giocato sempre senza risparmiarmi. Forse la spiegazione è proprio questa: se qualcuno ha deciso di millantare gli sarà sembrato più facile fare il nome di chi, come me nel Genoa e Mauri nella Lazio, era più anziano e conosciuto e aveva vinto molto.”
Ammettiamo che lei sia pulito, come sostiene. Ma l’ultima tranche dell’inchiesta di Cremona vede indagati altri ex giocatori del Genoa. Perché?
“È una domanda che mi faccio anche io. Di solito non metto la mano sul fuoco su nessuno ma credo fermamente nei miei ex compagni di squadra. Escludo a priori che qualcuno di loro abbia tenuto comportamenti illeciti lo scorso anno.”
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