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“Ora possiamo sperare, ma lo Stato ci aiuti”

IL TEMPO (Mas .Vit.) – Si sfoga sulle pagine del quotidiano Barbara, la sorella di uno dei nove tifosi biancocelesti ancora nel carcere di Bialoleka…

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RASSEGNA STAMPA SS LAZIO – Ieri gli ultimi quattro ragazzi in attesa di processo si sono dichiarati colpevoli delle imputazioni ascritte loro e così, dichiarando il falso, hanno ottenuto la possibilità di tornare a casa. Con due anni di condanna sospesa, tre anni di Daspo in Europa e circa seicento euro di multa. Restano invece dietro le sbarre del freddo carcere di Bialoleka altri nove supporters biancocelesti. Tra loro c’è Federico D’Alessandro. La sorella Barbara ha deciso ieri di affidare alle pagine de Il Tempo una lettera aperta: “L’accoglimento dell’istanza di Damiano ci regala qualche speranza in più ma dovremo attendere ancora qualche giorno per sapere se anche gli altri ragazzi potranno, dietro pagamento, tornare liberi. Provate a chiudervi in una stanza, stretti tra quattro mura, senza riscaldamento, con la luce che va e viene. E un vaso da notte per i vostri bisogni. Le ore sono scandite dalla sveglia, poi dalla colazione, dagli altri pasti, più o meno mangiabili. Quando capita c’e’ l’ora d’aria. A volte, decide la guardia carceraria in turno, è concessa una telefonata. Il resto del tempo scorre uguale, monotono, guardando il soffitto, scambiando qualche parola con i compagni di cella. È la vita del carcerato, è la vita che stanno regalando a mio fratello. Basterebbe andare a Rebibbia per appurarlo. In Polonia non c’è niente di diverso, a parte il freddo pungente, la lontananza da casa e l’impossibilità di comunicare con i dipendenti del carcere. Cercando di far passare le ore e poi i giorni pensando ai propri cari e con la consapevolezza di essere stati incastrati, di essere rimasti vittime della giustizia sommaria di un paese che credevamo, a questo punto a torto, al passo con il resto dell’Europa. Gli altri ragazzi, quelli che erano ancora in attesa di giudizio, sono tornati o torneranno a Roma nei prossimi giorni ma Federico e i suoi compagni del “primo gruppo” no. Loro si sono auto-condannati firmando un foglio in polacco senza comprendere cosa ci fosse scritto. Incastrati con un processo senza assistenza legale. Per loro i ricorsi non sono bastati, tutti respinti senza pietà. Adesso più che mai abbiamo bisogno che il Ministero e l’ambasciatore facciano pressione sui giudici polacchi affinché i casi dei ragazzi condannati vengano riesaminati subito, prima che i tribunali chiudano per le feste natalizie. Altrimenti tutto verrà procrastinato all’anno nuovo e sarebbe davvero inaccettabile. Non c’è tempo da perdere. Aiutateci a riportare a casa i nostri cari”.

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