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RAMBAUDI: “Pioli non è uno zemaniamo. Cataldi? Può diventare un campione”

L’ex biancoceleste spiega poi cosa manca alla Lazio per fare il salto di qualità: “Secondo me manca un progetto tecnico a lungo termine e dei giocatori validi, soprattutto in difesa”…

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NOTIZIE LAZIO – Ai microfoni di Elle Radio, nel corso della trasmissione “I Laziali Sono Qua”, ha preso la parola Roberto Rambaudi, ex centrocampista offensivo della Lazio targata Zeman.

Roberto qual è stata la tua prima impressione quando sei arrivato alla Lazio?
“Quella di essere arrivato in un ambiente in cui si respirava un’aria di grande ambizione. C’era una grande società, una grande squadra e una grande tifoseria. C’erano campioni veri. Al giorno d’oggi basta fare bene una partita per essere definiti “campioni”. Beh, lì ce n’erano tanti e reali”.

Parliamo di un mister che ha segnato la tua carriera, Zdenek Zeman. Se ne parla sempre tanto di questo personaggio, nel bene e nel male. Ci racconti che tipo è?
“E’ un mister che, a differenza di quello che può sembrare, ha un ottimo rapporto con i giocatori. Se lo conosci bene è uno che fa anche battute divertenti. Questo per quanto riguarda il lato umano. A livello tecnico lo ritengo uno dei più grandi maestri di calcio. Non è inquadrabile, è unico. Prendere o lasciare. Sa come far crescere i giovani. Senza andare troppo indietro nel tempo cito tre nomi: Immobile, Verratti e Insigne. Tutti e tre lanciati e valorizzati da Zeman”.

Negli anni di Zeman avevamo un attacco straordinario: Signori, Boksic, Casiraghi e tu che facevi da tramite tra il centrocampo e l’attacco.
“Sicuramente era uno degli attacchi più forti in circolazione, ma l’intera rosa era di grande livello. L’unico appunto che posso fare è che per il gioco che richiedeva Zeman era difficile affrontare un campionato e una coppa europea a grandi livelli. Spendevamo tantissimo in campo e giocare ogni tre giorni a quei ritmi era pressoché impossibile”.

Qualcuno qui a Roma, soprattutto nella prima parte di stagione, ha azzardato un paragone tra Pioli e Zeman, se non altro per il modo propositivo e offensivo con cui l’attuale mister fa giocare le sue squadre. Cosa ne pensi?
“Per me Pioli non è zemaniano. E’ uno che riesce a valorizzare gli elementi che ha a disposizione. Nel corso della sua carriera ha variato tanti moduli in base alle caratteristiche dei suoi giocatori. Zeman è un integralista del 4-3-3 ed ha una visione completamente diversa della fase offensiva. In questo Pioli è più equilibrato”.

Cosa manca alla Lazio per avvicinarsi alle prime della classe?
“Secondo me manca un progetto tecnico a lungo termine e dei giocatori validi, soprattutto in difesa. Ormai da anni il nostro campionato è molto mediocre. A parte la Juventus e la Roma, non ci sono squadre granché competitive”.

Parliamo un po’ di giovani. Cosa pensi di Danilo Cataldi?
“Con me sfondi una porta aperta. Un paio d’anni fa quando vidi la Primavera della Lazio dissi che, tra tutti i giocatori visionati, Cataldi era quello che poteva diventare un grande campione. Ma i talenti italiani sono tanti. Il problema è che non vengono valorizzati e non gli viene permesso di sbagliare, cosa che invece viene concessa agli stranieri. Per me attualmente in Italia c’è una sorta di razzismo calcistico al contrario. Se sbaglia una partita un giovane straniero non fa niente, se sbaglia una partita un giovane italiano viene bruciato. Non lamentiamoci poi se la Nazionale non è più di grande livello…”.

Roberto qual è il tuo ricordo più bello dell’esperienza alla Lazio?
“Ce ne sono tanti, ma il momento che ricorderò sempre è quando vincemmo un Derby 2-0. Ero talmente preso dall’adrenalina che non mi accorsi che Casiraghi aveva toccato la palla dopo di me. Iniziai ad esultare come un matto, ma vedevo che i miei compagni di squadra non venivamo da me. Fu un momento particolarissimo e che, a distanza di anni, mi fa molto sorridere”.

A proposito di derby, come hai vissuto il 26 maggio del 2013?
“Con grande gioia. Da tifoso ero molto teso, ma poi rivedendo la partita devo dire che la Lazio era molto più squadra della Roma. Non si poteva perdere una partita del genere e per fortuna l’abbiamo vinta noi”.

Per concludere, ci dai un giudizio sugli allenatori che hai avuto alla Lazio?
“Sia a livello tecnico che umano metto all’ultimo posto Eriksson. Tra Zeman e Zoff è una bella lotta. Diciamo che Zeman è nel mio cuore sia per una questione di visione del calcio che di trascorsi insieme anche nel Foggia”.

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