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Tare si racconta: “La mia carriera è stata sempre ricca di sfide, con i giocatori ho instaurato un rapporto d’amicizia”

LAZIO INTERVISTA TARE – Appena tre giorni fa era uscita un’interessante intervista rilasciata dal ds Igli Tare alla tv albanese ‘Digitalb’: nella giornata di oggi l’emittente ha pubblicato la seconda parte…

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LAZIO INTERVISTA TARE – Appena tre giorni fa era uscita un’interessante intervista rilasciata dal ds Igli Tare alla tv albanese ‘Digitalb’: nella giornata di oggi l’emittente ha pubblicato la seconda parte dell’intervento. Questa volta il dirigente biancoceleste si è concentrato più sul suo passato e sulle cose che lo legano maggiormente all’ambiente capitolino: di seguito le sue dichiarazioni.

GLI INIZI COME DS – “Non c’era scetticismo nei miei confronti, ma le persone erano giustamente dubbiose in quanto il mio curriculum non aveva esperienze di questo genere. Nessuno se lo aspettava, per questo era lecito che in molti si ponessero delle domande nel momento dell’annuncio del mio nuovo ruolo da ds. Il momento più bello è stato quando ho annunciato il mio nuovo ruolo in Albania, in una conferenza stampa indetta per rendere noto il mio addio al calcio giocato. Molti si chiedevano: “Com’è possibile che diventerà direttore sportivo?”. Per me è stato molto semplice, perché la mia carriera è sempre stata ricca di sfide da quando ero al Partizan, poiché sono il figlio di Isa Tare. Qualsiasi cosa mi accadeva era merito di mio padre, secondo loro. Una volta andato all’estero la sfida è diventata contro me stesso”.

FIGLIO D’ARTE – “Per me è stato sempre un onore, mai un peso, essere il figlio di Isa. Con la sua educazione ci ha trasmesso a me e ai miei fratelli il valore del sacrificio, che più tardi nel corso della mia carriera è diventata la chiave del mio successo”.

DIFFERENZE CALCIATORE-DS – “Sono due mondi differenti: il calciatore vive in un mondo irreale, ma è la professione più bella. Cose semplici, belle senza starsi tanto a spremere le meningi. Ora da dirigente parlo molto con i giocatori, come se fossi parte di loro. Loro devono sbagliare per capire come possono correggere i loro errori. Dentro lo spogliatoio mi chiamano “Igli”: non ho mai voluto che mi chiamassero direttore, perchè ho sempre voluto instaurare un rapporto amichevole. E’ la chiave per una collaborazione di successo”.

IL RUOLO ALLA LAZIO – “La mia professione dà tanto ma toglie anche tanto. Lo noto quando vedo mio figlio: ho iniziato a fare questo lavoro quando lui aveva due anni e ora è quasi un uomo come me. In questi anni gli è un po’ mancata la mia presenza e gli sono riconoscente, così come anche a mia moglie, perché comprendono perfettamente cosa richiede questa professione”.

LA FAMIGLIA – ““Non sono un papà severo o rigido. I tempi sono cambiati, cerco di soddisfare ogni richiesta dei miei figli. Quando ero piccolo, invece, ricordo che papà ci svegliava ogni giorno alle 6.30 per fare ginnastica. Nei momenti difficili della mia vita mi ha aiutato molto. Da ragazzo non avevo poster in camera, tuttavia all’epoca ero un grande ammiratore del Milan degli olandesi, quello di Sacchi, Van Basten, Gullit e Rijkaard. Sono cresciuto avendo Van Basten come idolo”.

ROMA E L’ALBANIA – “Il luogo più bello di Roma è il lago di Bracciano: passo molto tempo con la mia famiglia lì. E’ uno dei posti più belli per rilassarsi, ma mi sento sempre uno straniero in Italia perchè non c’è nessun posto come la tua terra natale”.

 

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