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Peruzzi si racconta: “Lazio, bisogna essere uniti! Il derby a Roma è unico”
NOTIZIE LAZIO – Il team manager: “Inzaghi e Tare stanno facendo un ottimo lavoro, spero che…”
NOTIZIE LAZIO – Questa la lunga intervista concessa da Angelo Peruzzi a Lazio Style Channel:
Che uomo è Angelo Peruzzi?
“Una persona tranquilla, un uomo fortunato perché fa nella vita quello che voleva fare. Ha giocato a calcio ed ha una bellissima famiglia.”
Sull’esperienza al Verona:
“Ho dei bellissimi ricordi, poi ero un ragazzino di 18 anni. Il secondo anno andò meno bene per la squalifica, ma da lì andai alla Juventus, una delle squadre più forti d’Italia”.
Uno dei pochi ad aver vinto tutto quello che c’era da vincere, Mondiale compreso…
“Mi manca giocare solo la Coppa delle Coppe, però sia con il club che con la Nazionale mi sono tolto delle belle soddisfazioni”.
In che senso, nella tua ultima partita contro il Parma, hai ringraziato tutti per averti sopportato?
“Una squadra di calcio è come una famiglia, a volte fai bene, altre fai male. Il segreto è sopportarsi. Alcune volte stai bene, altre volte ci litighi, altre volte ti sopporti. Ci devono essere tutti questi ingredienti perchè tutto funzioni per il meglio. Dopo sette anni non puoi dire che è andato sempre tutto bene, sarei ipocrita. Penso di aver dato tanto alla Lazio, così come ho ricevuto”.
Qual è stato il tuo primo pensiero una volta che hai smesso di giocare?
“Non ho deciso di smettere da un momento all’altro, è stata una decisione presa durante la stagione. Avevo diversi problemi fisici e quando uno va al campo di allenamento e vorrebbe allenarsi per bene e sa che non lo può fare perché ha questo o quel problema allora è giusto smettere. Non ho rimorsi o rimpianti, però pensavo che specialmente il primo anno mi sarei dato alla pazza gioia (ride ndr.). Avevo in mente di dedicare più tempo alla mia famiglia e di vivere nel mio paese tranquillamente. Dopo due anni avrei visto quello che succedeva”.
Tu hai due figli giusto?
“Sì, il maschietto ha la passione per il calcio e gioca portiere nella squadra del paese. La figlia invece fa tutt’altro”.
Quale episodio di calcio ricordi con più piacere?
“Tra i tanti che ce ne sono, sicuramente mi vengono in mente quelli legati alle vittorie, anche se non penso ad una partita in particolare. Sicuramente è bello vincere la Champions perché dà corpo a tutti i sacrifici che hai fatto, ma per chi ama giocare a pallone è bello anche vincere una partita d’allenamento. Capita di ricordare meglio una partita fatta bene con i tuoi compagni che una di campionato qualsiasi”
Cosa serve per raggiungere gli obiettivi?
“Non ci sono degli ingredienti fissi, nessuno lo sa. Questo è il bello del calcio. È un’insieme di cose che riesce a sbocciare, magari anche cambiando tutto un anno dopo l’altro si riesce comunque a vincere”.
Hai giocato sia con il ds Igli Tare che con il tecnico Simone Inzaghi. Cosa si prova a vederli in altre vesti?
“Non lo avrei mai pensato, anche se è normale che quando uno gioca non ci pensa. Loro stanno facendo benissimo”.
Senti il peso del ruolo che ti hanno assegnato i tifosi?
“Molti tifosi hanno più militanza di me nell’ambiente Lazio. A me fa piacere che i tifosi mi abbiano identificato come un’icona, è logico che sono contentissimo. Ho sempre detto che una squadra di Serie A è come una macchina di Formula 1: le varie parti sono i giocatori, il volante è l’allenatore e i più piccoli componenti sono i dirigenti, i magazzinieri e tutti gli altri. E se anche una vite non è stretta bene, la macchina non va. Così deve essere la Lazio. Se non siamo un gruppo compatto, la macchina biancoceleste non va lontano”.
Come viene vissuto il derby a Roma?
“A Roma viene vissuto diversamente rispetto alle altre città. C’è più intensità e partecipazione. Ma anche quello di Milano è molto importante. Il derby di Torino è quello un po’ più tranquillo, si riusciva a gestire bene”.
Sul ruolo di club manager:
“È un ruolo nuovo, non l’avevo mai fatto ed ho incontrato delle difficoltò. Non mi interessa della nomina. Per prima cosa mi sono messo a completa disposizione dei giocatori, dicendogli che avrei cercato di risolvere qualsiasi tipo di loro problema. Ho fatto anche l’allenatore, ma secondo me non era il mio ruolo. A fine carriera mi ha chiamato Lippi e mi ha chiesto di fargli da secondo. Allora sono andato a Coverciano per prendere il patentino di terza”.
I portieri sono i più matti di tutti?
“Non penso assolutamente che sia così. Io da piccolo avevo come idolo Dino Zoff e tutti mi dicevano che non si tuffava mai. Pensa quanto è intelligente, rispondevo io. Fa a meno di tuffarsi, è più bravo di tutti. Per un portiere fare la parata più facile possibile è la cosa migliore che puoi fare”.
Qual è la cosa più pazza che hai visto fare nel mondo del calcio?
“Bhe il taglio dei capelli di Oddo a Camoranesi dopo la finale dei Mondiali. Una cosa simpatica, ma che nessuno si sarebbe aspettato in un contesto del genere. E sempre in quella sera la testata di Zidane a Materazzi. Con la Juventus Zizuo aveva fatto una cosa simile in Champions League però non era arrivato a tanto”.
Com’è stato lavorare con Grigioni, il preparatore dei portieri?
“Innanzitutto è una persona seria, che sa fare il suo lavoro e ci mette una passione incredibile. Non fa differenza nell’allenare un giocatore di Serie A o un ragazzo”
C’è un’anima viterbese in questa squadra? Ci sono Farris e Lombardi, poi Rossi in Primavera…
“Sì, fino adesso c’era solo Bonucci in Serie A. Fa piacere perché sono sempre stato legatissimo alla mia terra ed è bello vedere tante persone in questo ambiente”
Ti senti un predestinato?
“Non credo. Tutto quello che ho avuto me lo sono sudato”.
Vi sentite ancora tra voi campioni del mondo?
“Ci sentiamo spesso, soprattutto per farci gli auguri di compleanno. Anche per parlare con chi fa gli allenatori, magari anche per farsi i complimenti”.
Cosa fa Peruzzi nel tempo libero?
“Mi piace stare con la mia famiglia, nella casa in campagna. Me ne sto fuori dal paese nella mia casa vicino Blera. Qualcuno mi dà del contadino, ma per me è un complimento”.
Essenzialità è una parola che senti tua?
“Non lo devo dire io. Mi auguro sempre che le cose che faccio le faccia bene. Poi sono gli altri a giudicare. Quelli che si giudicano è perché si vogliono tenere la poltrona o perché si vogliono fare belli. Io ho sempre pensato a lavorare, a fare quello che dovevo fare, facendolo con tanta passione e sacrificio”.
A livello generale, tu affronti le partite nello stesso modo?
Da calciatore vivevo le partite molto serenamente, anche perché giocandole riuscivo a gestire la tensione. Adesso che sono dirigente della Lazio le vivo molto, faccio fatica a stare fermo. Sono molto nervoso. Essendo dirigente non puoi dare quello che vorresti, cerchi di dare una mano alla squadra anche se non sul momento non puoi fare niente.
Ti senti un po’ il ‘Normal One’?
“Sicuramente, anche perché sono molto diverso da Mourinho. Durante la mia esperienza alla Juventus, una sera parlavo con Marocchi e Vialli. Io e Giancarlo prendevamo in giro Vialli, una superstar all’epoca, e gli dicevamo che lui faceva tutte le cose per avere il titolone sul giornale, mentre a noi non ce ne fregava niente. Forse questo è un bene. Io dicevo a Gianluca: “Più si fa una vita normale e più si ottiene quello che si vuole ottenere”. È logico che la popolarità ti porta a essere qualcosa che non vorresti essere”.
Hai una colonna sonora particolare?
“Mi piacevano molto, da ragazzo, i Dire Straits, soprattutto il cantante Mark Knopler. Ma anche la musica italiana: Baglioni e gli altri”.
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