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DI PADRE IN FIGLIO

PAPARELLI: “Amo la Lazio ancora di più perchè so che allo stadio porto un pezzetto di mio padre. Ogni scontro per me è una sofferenza”

Gabriele torna a raccontare del padre Vincenzo ucciso in un derby di 36 anni fa: “Per lui Scudetto del 2000 sarebbe stata una bella giornata. Se ho perdonato chi ha sparato il razzo?…”

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NOTIZIE SS LAZIO- Nel firmamento biancoceleste brillano tante stelle, calciatori, presidenti e personaggi nel cuore dei tifosi, e tifosi stessi. Gabriele Sandri rappresenta la gioventù laziale, Vincenzo Paparelli la paternità, quel ‘Di Padre in Figlio’ con cui si è ormai identificato un ideale e uno stile di vita. Il 29 ottobre del 1978 quel maledetto derby, un razzo partito dalla curva dei tifosi romanisti che concluse il suo volo contro Vincenzo Paparelli, allo stadio con la sua famiglia. Una morte che ha visto scatenarsi le ilarità sprezzanti nel corso degli anni di tanti ‘tifosi’, ma un affetto da parte deisupporters biancocelesti che si è riversato sulla famiglia di Vincenzo. Gabriele Paparelli, sa di vivere nel ricordo del padre, che torna a cantare la domenica allo stadio accanto a lui. Proprio Gabriele, dopo i fatti tristi della finale di Coppa Italia, ha ricordato la tragedia che ha colpito la sua famiglia ai microfoni della trasmissione in onda su Italia Uno il lunedì sera, Tiki Taka.

“Chi non ama lo sport dovrebbe pensare di rimanere a casa. Io purtroppo la medicina non ce l’ho per questa malattia che dura da tanti anni; chi è più potente di me dovrebbe fare qualcosa seriamente. Ogni volta è un coltello che gira nella piaga, un dolore che ritorna ogni volta che vedo uno scontro, purtroppo se ne registrano ogni domenica ed è sempre una sofferenza.”

La mamma di Ciro Esposito (il tifoso ora in condizioni gravi per il colpo di pistola ricevuto sabato, ndr) ha detto di aver già perdonato l’autore dello sparo. Voi lo avete perdonato chi ha compiuto il gesto che ha poi portato alla morte di tuo padre? “E’ stato un trauma pazzesco, poi negli anni crescendo con la maturità riesci a perdonare, ma il gesto ancora non l’ho perdonato perchè invece di andare allo stadio armato di sciarpa e bandiera vai armato di pistola o di coltello, quindi esci per fare qualcosa di male. Quel giorno fecero giocare la partita, ma devo dire che era un giorno particolare, perchè anche il papà di famiglia era diventato cattivo. La novità della morte all’interno dello stadio aveva suscitato dei sentimenti talmente forti che chiunque se in quel momento avesse trovato una sciarpetta di un colore diverso avrebbe fatto qualcosa che non avrebbe fatto magari un altro giorno.” Una ferita, la perdita di un genitore, che per un figlio non si rimargina facilmente. “Ci siamo trovati per 35 anni non solo ad aver perso un papà, con una famiglia distrutta, ma abbiamo dovuto anche subire gli insulti dei tifosi avversari sul cognome di mio padre”.

Che tipo era tuo padre, che ricordo hai di lui? “Era una persona che amava la famiglia con tutto se stesso, pensava solo al futuro dei figli. Avrebbe visto molto volentieri accanto a noi il giorno dello Scudetto del 2000 della Lazio, sarebbe stato veramente molto contento, accanto a me, mio fratello, mia madre. Sarebbe stata una giornata veramente importante per lui. Ho voluto riportare mio padre allo stadio piano piano negli anni perchè io sono di fede biancoceleste. Amo la Lazio e la amo ancora di più perchè so che andando allo stadio porto un pezzettino di mio padre lì, quando vedo un seggiolino vuoto vicino a me penso sempre che sia mio padre ad occuparlo”.

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