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RASSEGNA STAMPA. Lotito nelle redazione del “Corriere dello sport”

Tre ore e mezzo nella redazione del Corriere dello sport. Per parlare di tutto. Partendo dalla Lazio.. Q

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LOTITO Claudio 6

IL CORRIERE DELLO SPORT. (D. Rindone, G. D’Ubaldo e F. Patania) Il presidente della Lazio Claudio Lotito è stato ospite delle redazione del giornale e ha parlato praticamente di tutto. Questo è una piccola sintesi del suo pensiero. Si parte dalla Lazio che forse è stata una sorpresa in questa  Serie A. «Oggi abbiamo una squadra quadrata, ma credo manchi ancora la mentalità da grande. Questo handicap nasce dall’ambiente. Molti parlano ancora di Lazietta…». Una Lazio presa 9 anni fa che era sull’orlo del fallimento «Ma a me piacciono le sfide impossibili. L’ho presa per 3 motivi. Uno: sono tifoso della Lazio. Due: lo spirito di servizio. Facevo l’imprenditore e volevo esprimere le mie potenzialità nel mio territorio. Tre: perché era una sfida quasi impossibile. Rilevarla significava salvaguardare un patrimonio tecnico, sportivo, culturale». E la scommessa in parte è stata vinta perché oggi  «la Lazio è una delle poche società in regime di Fair Play finanziario riconosciuto dall’Uefa, sempre in utile». E Lotito pian piano è entrate nei cuori dei tifosi «Quando entri in un sistema ingessato, devi rompere gli schemi. Ho dovuto usare toni forti. Le persone non capivano, non capivano i parametri zero, i prestiti con diritto di riscatto, dicevo sempre di voler costruire la casa non sulla sabbia ma sul cemento armato. L’ho fatto. Il primo anno siamo entrati in Intertoto, acquistando 9 giocatori in un giorno, poi siamo andati in Uefa, infine in Champions, il quarto anno è arrivata la Coppa Italia, il quinto la Supercoppa. Ho portato risultati. E sto pagando ancora i debiti fatti dagli altri. Adesso tutti fanno così». Perché quello che cerca di proporre Lotito è un sano realismo pratico nel ralizzare le cose. Come con la Salernitana, scelta fatta perché «è un bene che una squadra di A acquisisca una di Lega Pro. Significa salvaguardare il territorio e mettere i giovani in mostra. Faccio un discorso pratico. Alcuni territori non hanno le potenzialità per permettersi la serie A. Ci dobbiamo preoccupare delle cose realizzabili, non dell’impossibile». Ma, la domanda pare azzeccata, è cambiato Lotito o il mondo del calcio? «Non sono cambiato io, è cambiato il mondo intorno a me. Di salary cup ne parlavo nove anni fa, mi prendevano per matto. Oggi i fatti testimoniano che avevo ragione. La sovraesposizione mediatica all’epoca era necessaria per far valere certi principi. Ora lascio l’opinione alla gente. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto non per risolvere problemi personali, ma per salvaguardare l’interesse generale». Il discorso vira su Diakité («Gli ho fatto rinnovare il primo contratto quando aveva una gamba rotta ma da un anno e mezzo spara cifre folli per il suo rinnovo. Vedremo se cambierà qualcosa»). E si guarda al mercato di gennaio «Il giocatore va trovato per quello che serve all’allenatore e con il profilo giusto tecnico e umano. Non c’è il nome. Lo stiamo cercando? Certo. Alla Lazio ho il mercato 24 ore al giorno, neppure sapete quello che stiamo guardando. Zarate deve scegliere se restare un anno e mezzo a fare il patore a Formllo o accetatre le offerte che gli arrivano, senza rifiutarle a priori come ha fatto ad agosto». Poi il discoros vira verso la politica («ci sto pensando…»), sulla storia dei vari allenatori della Lazio e ritorna a Petkovic, preferito a Montella.  

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