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Lazio, sentimenti e parole: da 124 anni nel cuore dei tifosi

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LAZIO COMPLEANNO – Impiegati e operai, politici, imprenditori e artigiani, medici, giudici e avvocati, giornalisti. Bambine e bambini, mamma e papà, nonni e zii. Amiche e amici. Fidanzate e mogli, mariti e compagni. Oggi è il compleanno di tutti i laziali. Tifosi che sono stati, sono e saranno al fianco della Lazio. Che nell’aquila si riconoscono. E che grazie al biancoceleste continuano a scandire i tempi di vita. C’è la domenica, il giorno della partita. Ma ci sono anche ricorrenze speciali, come questa. La data più importante di tutte, senza la quale non ci sarebbe alcuna storia, nessun gol e tantomeno emozioni.

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È il compleanno della Lazio: 124 anni di storia, emozioni e parole

Fiumi di parole sono state scritte. E tante riempiranno ancora quotidiani, siti e libri. Nascoste tra i meandri del bianco e celeste, ci sono storie e sfumature. Alcune candide e vincenti. Altre scure e tristi. Ma tutte degne di essere raccontate. Oggi si apre un nuovo capitolo. Il numero 124 di un’epopea che è fatta di migliaia di cronache. Di una saga principale, che narra di un’aquila innamorata del pallone. Ma anche di romanzi secondari, che sanno di vita comune, di soldi messi via per lo stadio, di amori che potevano essere ma non sono stati, di amicizie e di dolori. Perché dietro a quegli undici calciatori vestiti di biancazzurro ci sono chissà quanti cuori che pulsano, tifano e sostengono la Lazio.

Ognuno ha la sua “lazialità”. C’è chi la vive allo stadio e non può farne a meno. Chi sul divano. Chi alla radio e chi alla televisione. E chi, invece, preferisce non tradire emozioni leggendo solamente il risultato sullo smartphone. E ancora: c’è chi canta e chi vive la partita in religioso silenzio, chi si pensa in grande e chi è pessimista, chi guarda ai campioni del passato e chi spera in un futuro lucente. L’essere laziale si può esprimere in mille e più modi. Non ce n’è uno giusto.

Basta citare Giorgio Chinaglia e guardare a chi di Lazio s’è innamorato «inguaribilmente». Come Sinisa Mihajlovic, che più di una volta ha espresso con vanto di tifare la prima squadra della Capitale. «Io sono biancoceleste» diceva. Lo stesso sentimento provato da un altro indimenticato ex come Vincenzo D’Amico: «Io non volevo fare il calciatore. Io volevo fare il calciatore della Lazio». Una squadra che il generale Vaccaro definì un «ente morale, molto di più rispetto a una semplice società di calcio» e che nel corso degli anni ha dato vita a un vero e proprio sentimento. «Cresce giorno dopo giorno» sosteneva Cristian Daniel Ledesma. «È qualcosa di speciale – sosteneva Paolo Di Canio –, diverso dalla massa». Difforme da una persona all’altra. Celebrato in una notte di festa. La notte del 9 gennaio, quella del compleanno numero 124.

Daniele Izzo

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