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MARCHEGIANI: “Marchetti il portiere più in forma del campionato. Questa Lazio ha in comune la forza di gruppo con la mia”

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(foto Getty Images)

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NOTIZIE SS LAZIO – Intervistato da ‘lalaziosiamono.it’, Gianluca Marchegiani, ex portiere della Lazio dello Scudetto, parla di Marchetti, della gara dello Juventus Stadium e fa un raffronto tra la Lazio di oggi e quella dei suoi tempi. Ecco le sue parole:

Juventus-Lazio: che gara è stata?
“Il primo tempo è stata una buona partita, nel senso che la Lazio è stata comunque capace di ribattere colpo su colpo gli attacchi dei bianconeri. Il secondo tempo un po’ meno… La Juventus forse avrebbe meritato qualcosa di più, avendo avuto diverse occasioni. Quello che caratterizza la Lazio di quest’anno è proprio la capacità di sfruttare gli episodi e le occasioni… Quando ne ha avuto la forza e la possibilità ha provato ad attaccare, poi è chiaro che nella circostanza del gol di Mauri ci sia stata anche un po’ di casualità, ma la capacità di farsi trovare pronti e portare a proprio vantaggio gli episodi è una dote che hanno le grandi squadra, non è una questione di fortuna, ripeto, la ritengo una dote e la Lazio la possiede”.

In questo momento la Lazio è favorita al raggiungimento della finale?
“Credo che sia rischioso parlare di Lazio favorita, perché questa Juventus ha dimostrato di poter andare a vincere su tutti i campi e fare gol dovunque… Ritengo anche che tatticamente sia un vantaggio per la Lazio, perché comunque la squadra può giocare come in questo momento le riesce meglio, coperta per poi sfruttare gli spazi. Non è facile far gol alla Lazio, per cui impostare la partita in maniera tale da non prendere gol e ripartire, può essere sicuramente un vantaggio per la Lazio”.

Le piacerebbe vedere il derby in finale?
“A me piacerebbe molto, per gli appassionati di calcio credo che non ci possa essere una finale più sentita e passionale di un derby Lazio-Roma… Se mi metto nei panni dei giocatori penso di no! Prendere la responsabilità di giocarla, nonostante sia una partita meravigliosa, ti dico la verità, è abbastanza dura… (ride ndr)”.

Da portiere a portiere, in che posizione colloca Marchetti nel panorama dei numeri uno in Italia?
“In questo momento Marchetti è il più in forma del campionato, poi se vogliamo parlare di valori assoluti Buffon è Buffon e ci sono anche altri portieri di grande rendimento, però sicuramente Marchetti è nei primi tre”.

Come mai è stato “ignorato” per tutto questo tempo?
“Non è uscito bene, anche se non per colpa sua, dal mondiale in Sudafrica… Si è trovato a giocare una Coppa del Mondo da titolare, senza praticamente avere nessuna esperienza internazionale e avere un bagaglio di esperienza del genere è necessario per questo tipo di competizioni. Le uniche partite internazionali che aveva fatto erano state quelle con gli azzurri, precedenti al Mondiale, e probabilmente non era pronto per quel tipo di competizione. In seguito ha avuto un periodo di stop al Cagliari e le scelte di Prandelli sono, inevitabilmente, ricadute su altri portieri, che poi hanno dato quello che serviva. A parte Buffon che continuo a considerare il titolare dell’Italia, si trattava di trovare un gruppo di alternative di alto livello e in quel momento c’erano… Viviano, nelle gare in cui è stato impegnato, si era comportato molto bene, De Sanctis ha avuto un rendimento molto alto con il Napoli in questi anni e quando è stato impiegato ha fatto bene, Sirigu non lo seguiamo da vicino ma sta facendo esperienze importanti a livello internazionale… Cioè stiamo parlando di portieri di alto livello che avevano creato un gruppo di “vice” molto affidabile e questo è il motivo per cui Prandelli non aveva tenuto conto di Marchetti finora… Sono felice personalmente che il C.T. abbia  premiato una stagione straordinaria. Credo sia importante che il selezionatore della nazionale tenga presente la forma dei calciatori man mano che passa il tempo… E’ giusto creare un gruppo e dare continuità, ma è anche vero che non si può non premiare calciatori che vivono momenti straordinari dal punto di vista della condizione e dei risultati, come Marchetti che in questa stagione sta facendo qualcosa di straordinario…”.

Qual è stato il suo maggior merito?
“Al di là delle parate in sé, sulle quali non mi piace soffermarmi, che spesso attirano l’attenzione della gente, la cosa più importante e che va sottolineata di Marchetti è la grande continuità e la solidità che ha dato alla Lazio… Rendiamoci conto che su 21 partite giocate, non ha preso gol in 13 occasioni… Senza nulla togliere a Bizzarri e Carrizo, quando Marchetti è mancato la Lazio non ha avuto la stessa impermeabilità e questo ritengo sia importante, al di là dei “miracoli” che attirano l’attenzione”.

Lazio-Chievo Verona, si aspetta una Lazio con la testa alla Juventus?
“Io non credo… Finora la Lazio ha dimostrato di saper affrontare tutte le partite e anzi, la caratteristica più importante e vincente dei capitolini di quest’anno è quella di riuscire a fare quello che serve nei vari impegni. La Lazio non “strafa” mai e alla fine ottiene i risultati per quello, per cui non credo che la squadra sarà condizionata dalla semifinale di Coppa Italia, anche perché non dimentichiamo che la Lazio ha un obiettivo forse più importante che è quello di centrare il terzo posto in campionato, che sarebbe fondamentale guadagnare per fare la Champions l’anno prossimo, anche per un discorso meramente economico”.

La Lazio è pressoché identica rispetto alla scorsa stagione, è Petkovic il valore aggiunto o il lavoro di Reja è stato importante per questa “esplosione”?
“Reja, secondo me, ha avuto anche l’occasione di poter fare qualcosa di importante, non ha solo ricostruito, ha avuto il tempo di provare a vincere, o comunque sia di qualificarsi per la Champions, che è, tutto sommato, l’obiettivo della Lazio anche oggi… Non c’è riuscito per due anni di seguito all’ultima giornata. Quest’anno probabilmente c’è più entusiasmo e più fiducia, ma gli obiettivi sono gli stessi e i campionati dei due tecnici sono molto simili. Quello, però, che mi sembra abbia portato Petkovic sia un po’ di intraprendenza in più, che ritengo quest’anno abbia la Lazio e che alla fine potrebbe fare la differenza”.

Che calciatore porterebbe della “sua” Lazio per colmare il gap che divide quella di oggi dalle grandi squadre?
“Sicuramente Nesta… Credo che fosse uno dei fuoriclasse più indiscussi di quella squadra. Poi è chiaro che sono due squadre e due realtà diverse, con un campionato diverso e mi sembra che negli 11 questa squadra sia molto forte”.

E invece della Lazio di oggi? Qualcuno avrebbe trovato posto nella Lazio dell’era Cragnotti?
“Anche questa, ripeto, è una squadra forte, ma sono due epoche diverse. Quella era una squadra creata da un gruppo storico al quale di anno in anno venivano aggiunti dei campioni, mentre questa è stata fatta con meno sforzi economici e con meno nomi, anche se ci sono calciatori come Klose ed Hernanes che non possono non essere considerati campioni, però sono calciatori meno importanti a livello internazionale rispetto ai big dell’epoca. Probabilmente tutti potrebbero aver trovato spazio in quella Lazio, come ovviamente tutti l’avrebbero trovata in questa… Sono due squadre diverse, ma credo che in comune abbiano la forza di un gruppo di una squadra che è cresciuta e maturata con il tempo e che col tempo è diventata una squadre forte, seppur con filosofie diverse ovviamente”.

Qual è stato il calciatore più forte con il quale ha giocato?
“Juan Sebastian Veron… Non perché credo sia stato migliore di quello che è stato Nesta o Vieri o tanti altri, ma perché in quegli anni era veramente un centrocampista straordinario, poteva fare sia il regista che il trequartista, era un centrocampista che correva e copriva tanto spazio nel campo. Mi piace ricordare lui…”.

Qual è la vittoria che ricorda con più piacere?
“Ovviamente tutte le vittorie, perché tutte hanno avuto un’importanza particolare, ma a me piace ricordare la Supercoppa Europea, che nonostante non sia un trofeo estremamente prestigioso, vinta in quel momento, contro il Manchester United, ritenuta da tutti la squadra più forte del mondo, ha proiettato la Lazio all’attenzione internazionale… E’ stato un po’ come salire sul tetto d’Europa, anche se poi è chiaro che il Campione d’Europa vero è chi vince la Champions League, ma con quella serata abbiamo sistemato la Lazio in un posto importante del calcio europeo”.

Il vostro gruppo ha vinto meno di quanto avrebbe potuto vincere?
“Noi abbiamo avuto tre anni in cui avremmo potuto vincere il campionato, nei quali la squadra era forte tecnicamente e matura per poter ambire al titolo: ‘98/’99, ‘99/2000 e 2000/’01… Di tre ne abbiamo vinto uno, potrebbe essere poco ma potrebbe essere anche tanto… In quegli anni, ad esempio, c’era il Parma, una squadra straordinaria, che vinse in Europa ma il campionato non l’ha mai vinto, perchè la concorrenza era molto più forte e agguerrita di quella che c’è ora… Il rammarico non c’è solo per quello del ’98/’99, nell’anno in cui lo vinse la Roma, a tre giornate dalla fine eravamo due punti sotto e pareggiammo a Bari una partita assurda, quindi se non avessimo buttato via molti punti nel girone d’andata probabilmente anche quell’anno lì eravamo la squadra più forte…”.

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